Passata l’emergenza, ci vuole trasparenza sulla gestione della ricostruzione. Ecco la dura lezione che hanno imparato gli aquilani dal terremoto.
(di Gaia Berruto, da Wired.it) – Regola numero uno: “Non disperdetevi come comunità e non fatevi mettere gli uni contro gli altri“. Regola numero due: “Restate in sicurezza, ma non lasciatevi allontanare dalle vostre case e dalle vostre proprietà“. Regola numero tre: “Non fatevi rinchiudere in campi recintati con la scusa di essere protetti“.
È l’inizio del decalogo del terremotato consapevole, stilato dal collettivo aquilano 3e32 per mettere in guardia gli sfollati emiliani. L’Emilia continua a tremare, gli sfollati aumentano e si organizzano con tendopoli fai-da-te (con il problema degli sciacalli, che lanciano falsi allarmi terremoto) e la mente, di riflesso, torna a L’Aquila, dove è passato da poco il terzo anniversario del sisma, ma non si sono mai affievolite le critiche sulla gestione dell’emergenza.
Ma, al di là dei consigli dei più arrabbiati, cosa ha lasciato l’esperienza del dopo sisma abruzzese? L’altro giorno Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera, è intervenuto in aula dicendo: ” Non è possibile che, da anni, di fronte ad ogni calamità naturale, riparta azzerato il dibattito sulle misure fiscali, di aiuto e di sostegno. Noi riteniamo sia il momento di una legge quadro sulle calamità naturali“.
Gli aquilani si era già mossi in questo senso ben due anni fa. Sette mesi dopo il terremoto, il 20 novembre 2010, durante una manifestazione nella città devastata fu lanciata una proposta di legge di iniziativa popolare. Obiettivo: mettere nero su bianco una serie di regole per la ricostruzione aquilana e, più in generale, per la gestione del post-emergenza di qualsiasi disastro naturale.
I lavori per dare forma alla proposta di legge furono portati avanti dal basso. Cercando oggi il sito Web di riferimento si incappa in un dominio in vendita, ma basta usare la macchina del tempo per riscoprire il sito che fu, con tanto di area in cui i cittadini potevano proporre le proprie idee e aderire a quelle degli altri, moduli da scaricare per far firmare il testo nella propria città, mappa delle adesioni, spot su YouTube. Che fine ha fatto quella proposta?
Il documento (numero 4107) fu condiviso da 250 deputati di diversi partiti (fra cui – tra l’altro – lo stesso Franceschini), che lo presentarono alla Camera il 21 febbraio 2011. Venti articoli, da cui emerge una filosofia chiara: i cittadini vogliono più trasparenza e preferiscono che a gestire la fase di post-emergenza sia un Comitato costituito di persone che appartengono ad organi previsti dalla Costituzione: sindaci, presidenti di province e regioni. Insomma, politici che, in quanto rappresentanti dei cittadini, possono essere controllati e contestati.
È l’articolo 4 a prevederlo. Si parla di un Comitato, a cui non spetta alcun compenso, composto da tre rappresentanti del governo (fra cui uno della soprintendenza), tre rappresentanti della regione, tre del Comune dell’Aquila e tre dei sindaci dei Comuni del cratere. Compito del comitato: ” supervisionare e controllare la programmazione e il buon andamento degli interventi di ricostruzione, di verificare la corretta gestione dei fondi assegnati nonché di sviluppare strumenti di informazione nei confronti dei cittadini“.
Con l’esplicitazione dell’Aquila e dei Comuni del cratere, l’articolo parrebbe avere una valenza solo locale, ma in realtà l’obiettivo dei promotori, esplicitato anche dal testo che accompagna la legge, era quello di ” regolare, in generale, le fasi ‘post-emergenza ‘ di qualsiasi disastro naturale, fin troppo frequenti in Italia e solitamente gestite con politiche commissariali e d’emergenza, terreno in cui le irregolarità e il pericolo di infiltrazioni malavitose prosperano“.
La proposta di legge fu affidata a marzo 2011 ai lavori della Commissione VIII Ambiente e poi, tra crisi di governo, caduta di Silvio Berlusconi e insediamento del governo tecnico, se ne sono perse le tracce. Ora che un nuovo sisma si abbatte sull’Italia, il Consiglio dei ministri si riunisce per decidere di accise e scadenze di tasse e mutui da rinviare. Nel testo presentato l’anno scorso le norme erano già ipotizzateall’articolo 15: per i residenti delle aree terremotate ” sono sospesi per ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge gli adempimenti e i versamenti tributari”, ” il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali”, ” la riscossione da parte della società Equitalia Spa di ogni tributo“, ” il pagamento dei mutui ipotecari garantiti”. Si prevede anche ” un consorzio di garanzia collettiva dei fidi” per favorire l’accesso al credito delle imprese.
Insomma, uno scheletro da cui partire c’è già. I politici se ne sono dimenticati? Raggiunto al telefono da Wired.it il portavoce di Dario Franceschini, Piero Martino, spiega: ” In effetti quella proposta di legge è da tenere in cosiderazione. Deve essere riorganizzata e completata. Mi spiego, pensiamo che dovrebbe essere allargata a tutta una serie di calamità naturali, ad esempio nevicate e alluvioni“. Il problema, come sempre, sono i tempi della macchina burocratica: ” Il punto è proprio questo: integrare il testo e riportarlo in aula al più presto. La metteremo a punto come Partito Democratico e speriamo che in seguito venga controfirmata anche da altri partiti. D’altronde è un tema bipartisan“. Non resta che tenere d’occhio i lavori della commissione.
All’Aquila alcune idee della proposta di legge sono state, comunque, già attuate. È il caso degli elenchi di fornitori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso: il decreto che ne stabilisce la creazione è stato firmato e pubblicato online (solo) ad aprile di quest’anno. Altro esempio è l’apertura di un sito internet per tenere aggiornati i cittadini. Certo, resta ancora molto da fare nel campo della trasparenza: mancano le informazioni relative ai finanziamenti e su come vengono spesi i soldi, sullo stato di avanzamento dei lavori di ricostruzione e della rimozione delle macerie. Insomma, mancano gli opendata, argomento per cui da mesi si batte il gruppo Appello per L’Aquila di Ettore di Cesare.
Quando le scosse saranno finite in Emilia bisognerà preoccuparsi anche di questo.
di Gaia Berruto, da Wired.it (leggi l’articolo originale)