20 dicembre 2011 – A dispetto della percezione suggerita dai grandi terremoti avvenuti negli ultimi anni, non si rileva una tendenza all’aumento di terremoti particolarmente violenti, superiori a magnitudo 8. L’analisi realizzata da ricercatori dell’Università della California a San Diego e pubblicata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, confuta le tesi che sostengono una connessione tra i sismi degli ultimi anni.
I recenti e intensi terremoti avvenuti negli ultimi anni a Sumatra (2004), Haiti (2010), Cile (2010) e Giappone (2011) hanno alimentato molte preoccupazioni nell’opinione pubblica e aperto un dibattito anche in ambito scientifico sulla possibilità che alcuni di questi potessero essere in qualche modo associati e che stessimo assistendo a una maggiore e pericolosa fase di attività sismica.
Per fare chiarezza i ricercatori californiani hanno esaminato il numero dei terremoti con magnitudo superiore a 7 registrati a partire dal 1900 ad oggi. Secondo lo studio, il numero medio di sismi di magnitudo superiore a 8 è stato praticamente uniforme, e dal 2004 si è registrato un piccolo aumento; si tratterebbe però di una deviazione dallo standard assolutamente normale e che rientra pienamente nei modelli di analisi statistici di questi fenomeni.
Secondo i ricercatori non esiste alcun elemento che possa suggerire in alcun modo che il rischio di violenti terremoti sia oggi più elevato che in passato.
Il più violento terremoto mai registrato è avvenuto nel 1960 a Valdivia, in Cile, con una magnitudo di 9,5, ma danni e numero di morti (circa 3.000) furono relativamente pochi poiché il sisma colpì aree scarsamente abitate; ben diversi i casi dei terremoti di Haiti e Sumatra, che hanno provocato la morte di oltre 200.000 persone. (ANSA)