“Alti livelli di radioattivita’ sono stati registrati oggi a Tokyo e nella vicina prefettura di Chiba, entrambe a più di 200 chilometri dalla centrale di Fukushima. Alcune misurazioni rivelano livelli di contaminazione addirittura superiori a quelli registrati nella zona di evacuazione intorno alla centrale”.
Lo rende noto Greenpeace, precisando che le autorita’ locali giapponesi “hanno comunicato che durante un’ispezione sono stati misurati livelli di radioattivita’ di 3,35 microsievert per ora lungo una strada residenziale del quartiere di Setagaya e di 5,82 microsievert per ora in un parco per bambini in Funabashi, nella prefettura di Chiba”.
Questi nuovi test, sottolinea Salvatore Barbera, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace Italia, “mostrano che la dispersione del materiale radioattivo fuoriuscito dalla centrale di Fukushima è più ampia e più grave di quanto si pensasse.
Il fatto che le autorita’ locali stiano cercando di decontaminare la zona usando idranti ad alta pressione, disperdendo ancor più il materiale radioattivo invece di rimuoverlo, è il segno che non hanno ricevuto il necessario supporto dal governo centrale e che stanno operando senza seguire le normali linee guida in caso di contaminazione nucleare”.
Greenpeace ritiene assurda l’intenzione del primo ministro Noda di far ripartire i reattori nucleari prima che venga completata l’investigazione sulle cause e le conseguenze della triplice fusione del nocciolo avvenuta sette mesi fa nella centrale di Fukushima.
“Il rapporto Energy [R]evolution, presentato da Greenpeace a meta’ settembre, mostra che il Giappone è in grado di abbandonare completamente l’energia nucleare gia’ dal 2012 senza venir meno ai propri obiettivi di riduzione di gas serra. Una vera rivoluzione energetica è l’unica via per il Giappone, come per il resto del mondo, per abbandonare definitivamente l’energia dell’atomo e garantire sicurezza energetica basata su fonti di energia sicure e pulite”, conclude Barbera.