Non mancano né gli studi e le ricerche e neppure le competenze per sviluppare quell’opera di prevenzione che geologi e ingegneri sono chiamati a esercitare per ridurre al minimo l’impatto devastante di un terremoto. E non mancherebbero neppure le risorse, se venissero però utilizzate in maniera razionale e seguendo modelli consolidati di prevenzione.
Il XIV Convegno nazionale Anidis (Bari, 18-22 settembre 2011), attualmente in corso di svolgimento, ha per titolo “L’Ingegneria Sismica in Italia“.
Anidis è l’Associazione nazionale italiana di Ingegneria Sismica, nata «con lo scopo di promuovere, incoraggiare e diffondere in Italia la cultura riguardante i problemi sismici tra i professionisti operanti nei settori dell’Ingegneria Strutturale, della Geotecnica, della Geologia, dell’Urbanistica, dell’Architettura, del Restauro, della Protezione Civile e della Protezione dell’Ambiente».
Al convegno ha portato il proprio contributo Giovanni Calcagnì, Tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi, che ha avuto parole molto dure nello stigmatizzare l’indifferenza verso il rischio sismico che caratterizza l’atteggiamento di chi dovrebbe occuparsi della difesa del territorio e dei cittadini.
Basti pensare che dal 1968 a oggi l’Italia ha dovuto contare 4600 morti e 500.000 senza tetto per terremoti.
Il problema principale è che non vengono messe in atto misure adeguate per ridurre il rischio sismico, come avviene invece in altri Paesi maggiormente virtuosi.
Non è che manchino da noi le ricerche in tal senso, ma poi rimane tutto lettera morta, lamenta Calcagnì.
Cita quindi un rapporto dell’Ocse (progetto GEM Foundation) da cui si evince che l’Italia ha un ritardo di almeno quindici anni nella prevenzione sismica.
Un ritardo che ha generato «una spesa pubblica per l’emergenza e la post-emergenza che si calcola pari a circa 150 miliardi di euro in soli 40 anni».
Per evitare questi effetti devastanti, sia in termini economici sia in termini di perdite di vite umane, non c’è che da insistere sulla prevenzione.
Tenendo ben presente la specifica pericolosità sismica del territorio italiano, con particolare attenzione non soltanto all’adeguamento sismico degli edifici, ma anche a dove si decide di realizzare una nuova costruzione.
E’ un dato di fatto che durante un evento sismico si registrino «fino a 3 gradi Mercalli di differenza negli effetti di un sisma, tra zona e zona di uno stesso agglomerato urbano, pur con edifici comparabili dal punto di vista delle strutture portanti».
Motivo per cui, è la conclusione, ingegneri e geologi devono continuare a lavorare fianco a fianco per prevenire e ridurre al minimo le prevedibili, quelle sì, conseguenze di un terremoto.