Comune dell’Aquila, ore 12: all’ufficio anagrafe cittadini presi “a calci nel sedere”

Abbiamo verificato il comportamento del Comune di Roma, e basterebbe copiare quello che si fa nella Capitale per evitare episodi come quello raccontato da una nostra lettrice, che ha inviato una lettera a Massimiliano Cordeschi, direttore generale del Comune dell’Aquila e per conoscenza al Sindaco Massimo Cialente, riguardo l’orario e il comportamento nell’ufficio anagrafe, dove neanche la Polizia sembra poter fare niente nei confronti dei cartelli esposti.

Riguardo il Comune di Roma, dalle indicazione del sito web relativo (www.comune.roma.it), è stato previsto un sistema di prenotazioni che, eccetto il periodo 18 luglio-31 agosto (in cui l’erogazione termina un’ora prima), gli utenti devono munirsi del relativo numero di prenotazione entro e non oltre le ore 12.00 in orario antimeridiano, entro le ore 16.00 per il martedì ed il giovedì pomeriggio (coincidenti di norma con l’orario di chiusura degli uffici, esistono differenti sedi con orari diversi).
Orari a parte, su cui si potrebbe discutere, servirebbe innanzitutto chiarezza e trasparenza. Ad esempio prevedendo proprio un sistema di prenotazione e un limite di orario, che rispetti tutte le leggi relative e oltre il quale i clienti (perché tali sono i cittadini, e non pecore alla corte di qualche maestà) sappiano già di essere in ritardo e non aspettino inutilmente.

Un così semplice provvedimento sarebbe a vantaggio anche per gli impiegati comunali, fissando regole e diritti per tutti, senza l’utilizzo di cartelli arbitrari di scarsa efficacia e dubbia validità, ed evitando facili recriminazioni da parte di cittadini infuriati. Un rimedio sufficientemente chiaro, che non necessita di alcun incontro al vertice con Alemanno e nessuna conferenza in pompa magna per pubblicizzarlo.


Ecco la lettera inviata dalla lettrice.

Signor Cordeschi,
lo scorso giovedì, 1 settembre, mi sono recata al comune di L’Aquila, in via Rocco Carabba, nell’ufficio anagrafe per richiedere la carta d’identità per mio figlio dodicenne.
L’ufficio anagrafe è aperto dalla 9:00 alle 12:00, dal lunedì al venerdì. Io, mio figlio e mio marito siamo arrivati nel suddetto ufficio alle 11:45, ci siamo informati su chi fosse l’ultimo della fila e abbiamo atteso. Alle 12:00 l’addetto dell’ufficio si è affacciato dalla porta e ha comunicato che avrebbe fatto solo altre due carte d’identità, cioè i primi due della fila, mentre gli altri dovevano tornare il giorno successivo.

Le persone della fila, noi inclusi, hanno vivacemente protestato, allora l’addetto ha indicato un foglio A3 appeso alla parete sul quale era scritto l’orario di apertura dell’ufficio (9:00-12:00) e una frase (evidenziata con pennarello azzurro) che diceva che, improrogabilmente, alle ore 12:00 si sarebbe provveduto ad espletare solo la pratica in corso.

La protesta è aumentata, in fila c’erano persone che aspettavano dalle 10:30 ma gli addetti sono stati irremovibili; qualcuno della fila è andato via, altri invece, tra cui noi, sono rimasti. Abbiamo chiamato la polizia, per non veder degenerare un confronto e per avere una difesa. A questo punto gli addetti hanno iniziato ad eseguire la pratica per almeno tre persone e non lo hanno fatto solo per due persone della fila: noi ed una signora anziana accompagnata dalla figlia.
Esasperati da questa arroganza abbiamo chiesto ed ottenuto di contattare la direttrice, la quale ha difeso il comportamento degli addetti adducendo che i “cartelli” parlavano chiaro e che se fossero arrivate 200 persone entro le 12:00 gli addetti non avrebbero potuto smaltire tutta la fila, quindi ha aggiunto che l’utente arrivando ad una certa ora e contando le persone in fila avrebbe dovuto regolarsi se fosse o no il caso di fare la fila.
Insomma il servizio pubblico privato di ogni spirito di servizio. Non essere ad uno sportello per fare il proprio lavoro e rendere un servizio alla cittadinanza, ma per levarsi dalle scatole quegli scocciatori che vanno in giro a chiedere … servizi!!
Le ho fatto notare che c’erano persone che attendevano dalle 10:30, che l’utente non può avere cognizione di quanto duri una pratica e che semplicemente non è corretto fare entrare persone e dire arbitrariamente alle 12:00, chi sarà servito e chi no.
Ci sono tanti modi per risolvere il problema del personale a cui alle 12:00 cade la penna, non li sto ad elencare, basterebbe un giro per uffici più virtuosi di questa ed altre città; certamente quello di buttare fuori persone già in fila non è il migliore.

Una volta arrivata, la polizia ha preso atto che c’era un cartello e che è un diritto della direttrice buttare fuori dai suoi uffici i cittadini.

I cartelli sono cartelli! Lo spirito di servizio, l’orgoglio di fare bene il proprio lavoro, il rispetto del tempo e dignità altrui sono un’altra cosa. Vorrei dire alla cara direttrice che il suo diritto di scrivere quel cartello collide con il suo dovere di assicurare un servizio alla cittadinanza senza calpestarne la dignità.
Sono convinta di non essere stata tutelata nei miei diritti, sono convinta che un Comune, per mezzo di una sua direttrice e quindi di una mia (in quanto cittadina contribuente) impiegata, non può affiggere un cartello per dire che dopo le 12:00 si smette con le carte d’identità e si passa ai calci nel sedere.
Ormai dovrò riorganizzarmi con marito e figlio e tornare in Comune, la carta d’identità non l’ho ancora, ma mi piacerebbe ritornare e vedere spariti quei ridicoli “cartelli”, e sapere che la direttrice e i suoi addetti, sono stati redarguiti, in modo tale che, in futuro, siano più corretti con gli utenti.
Per una città che vuole rinascere e tornare a volare è necessario iniziare a far funzionare in modo dignitoso, prima di tutto, le istituzioni.

Cordialmente
Rossella Diodato