Assenti ai controlli e con due immobili agibili, il Tar ne conferma lo sgombero dal progetto C.a.s.e.

«Dopo due anni e’ necessario, anzi direi indispensabile, rivedere l’assistenza alla popolazione, aggiustare il sistema», e’ quanto dichiarato in questi giorni dal vice commissario Antonio Cicchetti. Un rapporto spesso poco amichevole quello tra i cittadini assistiti e la SGE (Struttura per la Gestione dell’Emergenza), dovuto sia per necessita’ di evitare possibili abusi da parte di qualche assistito, ma in particolare alla difficolta’ di gestire la notevole carenza di strutture abitative predisposte per la fase di emergenza post-sisma.

Da qui le varie ordinanze dei vice commissari (l’ex, Cialente, e l’attuale, Cicchetti), e i controlli sull’effettivo uso delle abitazioni assegnate, da cui i vari ricorsi al Tar da parte di cittadini che hanno ricevuto gli ordini di sgombero. In taluni casi il Tar si e’ pronunciato a favore degli sfollati, non ritenendo sufficienti i controlli eseguiti e ritenendo legittime le richieste dei ricorrenti. Al contrario, nelle due sentenze che seguono, non sono stati accolti i ricorsi inoltrati.

L’ultima sentenza in ordine cronologico, depositata in segreteria il 27 aprile, vede coinvolti i magistrati Cesare Mastrocola (Presidente), Paolo Passoni e Alberto Tramaglini (Consiglieri).

IL FATTO: il ricorso da parte di V.N. (proprietario di abitazioni nel comune di L’Aquila classificate di categoria “E”) riguarda l’ordinanza di sgombero dal progetto CASE in Coppito 3, datata ottobre 2010, a seguito delle reiterate assenze del nucleo familiare evidenziate dai controlli da parte dalla Questura dell’Aquila e dal Corpo di Polizia Municipale. I giudici, in questo caso, non hanno trovato sufficienti le motivazioni dei ricorrenti, quali i sopralluoghi disposti durante una vacanza estiva, le condizioni di invalidita’ al 100% dei coniugi e necessitanti di accompagnamento e frequenti terapie in centri di cura che spiegherebbero le assenze dall’alloggio assegnato.

A gravare sulla conferma di revoca, si legge nella sentenza, il fatto che «il nucleo familiare di coabitazione nell’alloggio assegnato risultava costituito non solo dal ricorrente e dalla propria coniuge, ma anche dalla figlia e dalla nipote del ricorrente stesso». Inoltre, «l’assenza nei 5 sopralluoghi disposti dagli organi accertatori ha riguardato l’intero nucleo familiare, così che gli impegni medici degli anziani coniugi (tra l’altro svoltisi in giorni diversi dai sopralluoghi di cui sopra) non potrebbero assumere quella valenza giustificativa prospettata nel gravame, tenendo anche conto del fatto che nessuna giustificazione e’ stata resa alla competente autorita’ in relazione alla reiterata e contemporanea assenza degli altri due componenti del nucleo. Non solo» – prosegue la sentenza – «ma e’ altresì emerso che la figlia del dichiarante svolge la propria attivita’ lavorativa adAmatrice, mentre il di lei figlio minore e’ iscritto ad un Istituto scolastico di Antrodoco, circostanze anch’esse sintomatiche di una frequentazione necessariamente poco assidua di entrambi all’interno del comune di Coppito (a prescindere dal mero dato formale di residenza aquilana che caratterizza l’intero nucleo)». Motivi forse gia’ sufficienti per una conferma dell’ordinanza, con l’ulteriore indicazione che «sia il ricorrente che la sua coniuge sono proprietari di due distinti immobili di complessivi 7 vani in Borbona, per cui l’impugnata risoluzione del comodato d’uso appare congrua anche sotto questo profilo», come evidenziato da un rapporto della SGE dell’ottobre 2010.

L’ALTRA SENTENZA: risale a gennaio il secondo caso di conferma sgombero. S.F., assegnataria di un alloggio nel progetto CASE a Paganica (AQ), insieme al coniuge, madre e due figli, impugna al Tar la revoca dello stesso, dovuta ai controlli eseguiti che evidenziavano la residenza a Monterotondo (RM) del nucleo familiare, eccetto per la ricorrente. Condizione comunque evidenziata durante il colloquio di assegnazione, insieme alle cure riabilitative necessarie per uno dei figli. La condizione abitativa risultava tuttavia «in violazione dell’art. 5 delle disposizioni del Vice Commissario Vicario per l’Emergenza del 25.2.2010, sotto il profilo che, ove dai controlli fosse stata accertata una presenza parziale dei componenti del nucleo assegnatario, sarebbe stata necessaria una verifica delle condizioni per la conferma o la modifica della tipologia dell’alloggio assegnato».

«Nel caso di specie» – si legge nella sentenza – «l’assegnazione e’ stata disposta per un nucleo familiare composto di cinque persone». Ma dai rapporti informativi delle Forze di Polizia, la sola ricorrente era «stabilmente dimorante presso l’alloggio assegnato, mentre il resto del nucleo familiare, almeno per gran parte della settimana (dal lunedì al venerdì) dimorerebbe nella provincia di Roma», luogo peraltro di lavoro del coniuge e di studio e cura per il figlio. «In sostanza» – indica ancora la sentenza – «l’alloggio assegnato e’ risultato non essere adibito alle esigenze abitative e di vita dell’intero nucleo familiare per il quale era stato concesso, esigenze soddisfatte dall’alloggio reperito altrove e in prossimita’ della sede principale degli affari ed interessi (lavorativi, scolastici, di cura) dei suoi componenti, che deve sostanzialmente ritenersi, allo stato, Monterotondo».

di Patrizio Trapasso