Abbiamo contattato Giovanna Maria Iurato, Prefetto dell’Aquila dal 26 maggio 2010, per avere la sua opinione sui dubbi maggiori relativi alle Linee Guida Antimafia del 31 dicembre 2010, dedicate alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose nella ricostruzione, e di cui abbiamo dato informazione nell’articolo “Antimafia, a L’Aquila non serve il certificato per i privati”.
D: Nelle Linee Guida non e’ richiesto il certificato antimafia. Quali sono le motivazioni pratiche di questa scelta, quali i rischi?
R: Nel corso dei lavori preliminari – che hanno visto l’attiva partecipazione della Sezione Specializzata del Comitato Grandi Opere istituita presso questa Prefettura, della Struttura Tecnica di Missione e dei Sindaci del “cratere” (in particolare quello dell’Aquila) – il problema se richiedere o meno il certificato antimafia e’ stato oggetto di un’attenta disamina.
E’ stato alla fine ritenuto preferibile non richiedere tale certificato per una pluralita’ di motivi.
Alcuni sono di carattere giuridico: le Linee Guida sulla ricostruzione privata non sono connotate da una forza ed efficacia tale da poter imporre l’acquisizione della documentazione “antimafia”, la quale, a termini di legge (D. Lgs. n. 490/1994 e D.P.R. n. 252/1998) e’ prescritta solo per i rapporti con le pubbliche amministrazioni.
Da un punto di vista pratico, si e’ voluto tenere conto di una pluralita’ di fattori.
Il primo e’ quello di evitare ogni possibile aggravio per il cittadino, il quale gia’ adesso vive una situazione di difficolta’ per la perdita della propria abitazione.
Il secondo e’ determinato dall’impossibilita’ pratica di effettuare uno screening reale su un numero di imprese (alcune delle quali di ridottissime dimensioni) di gran lunga superiore a quelle impegnate nella ricostruzione “pubblica”.
Per dare un’idea degli ordini di grandezza basta ricordare che, in 20 mesi, le imprese affidatarie di appalti e sub-commesse per la ricostruzione pubblica sono state circa 2.230 ditte (tutte oggetto dello screening finalizzato al rilascio delle informazioni “antimafia”); per la ricostruzione privata la platea delle imprese da controllare (conteggiando l’intera filiera dei lavori) potrebbe arrivare anche a 20.000.
Applicare il sistema del pubblico in questo contesto avrebbe implicato un onere impossibile da sostenere, con tempi lunghi di rilascio dei certificati, a tutto discapito della tutela della legalita’ e dell’efficacia dei controlli, i cui esiti sarebbero potuti arrivare a lavori conclusi (e a pagamenti effettuati).
A fronte di questi rischi, si e’ ritenuto più efficace attuare un metodo diverso e selettivo che mira ad individuare, attraverso l’analisi e l’attivita’ informativa, possibili ditte “a rischio”, per poi procedere all’approfondimento delle relative posizioni anche attraverso verifiche in cantiere.
Contiamo che questo sistema possa portare a risultati maggiori e più efficaci, senza naturalmente nasconderci i rischi.
Ma, posto che il “rischio zero” non esiste, crediamo che questo modello – che mi piace ricordare e’ il primo caso di controlli “antimafia” sul privato – possa realizzare anche un importante effetto deterrente, scoraggiando le imprese colluse con la criminalita’ organizzata.
D: Controlli dei contratti da parte dei Comuni. Non e’ prevista l’obbligatorieta’ dei controlli, ma un impegno ad eseguirli per la concessione del contributo
R: E’ opportuna una premessa. Il sistema dei controlli previsto dalle Linee Guida attribuisce un ruolo importante ai Comuni, che – e’ opportuno ricordarlo – sono una delle componenti della rete di monitoraggio “antimafia” prevista dal D.M. 14 marzo 2003 che ha tra l’altro istituito il Comitato Grandi Opere. In questo senso, le Linee Guida prevedono espressamente (paragrafo 7) che i Comuni debbano controllare l’inclusione nei contratti stipulati dai privati della clausola sulla tracciabilita’ dei flussi e che essi possano condizionare, in tutto o in parte, il mantenimento del contributo assegnato al pieno rispetto delle regole di trasparenza finanziaria e alla corretta osservanza delle procedure di tracciamento (paragrafo 6).
Sebbene le Linee Guida si occupino soltanto della prevenzione delle infiltrazioni mafiose, esse non mancano di ricordare come i Comuni siano chiamati a vigilare sul regolare utilizzo del contributo pubblico erogato, attraverso anche l’effettuazione di controlli a campione sull’esecuzione dei lavori (si veda anche qui il paragrafo 6).
D:Le Linee Guida prevedono come facoltativa la risoluzione del contratto stipulato con l’impresa incaricata dell’esecuzione dei lavori, nel caso in cui quest’ultima sia colpita da un’interdittiva “antimafia” tipica. Quale comportamento e’ consigliato al proprietario in questi casi, a quali rischi va incontro?
R: Anche in questo caso e’ utile ribadire che le Linee Guida non introducono nuovi strumenti di controllo, piuttosto mettono a sistema strumenti previsti dalla normativa vigente, realizzando un quadro organico dei mezzi di verifica e prevenzione. Perché questo nuovo apparato di controllo raggiunga l’obiettivo e’ necessario una vasta e piena collaborazione non solo da parte delle componenti dello Stato (Prefettura, Forze di polizia, Direzione Provinciale del Lavoro), ma anche da parte degli Enti Locali – soprattutto i Comuni – e dai cittadini, chiamati ad integrare i contratti con clausole sulla tracciabilita’ dei flussi e di esclusione delle imprese “mafiose”.
Proprio perché si tratta di clausole contrattuali – e non di norme imperative – esse attribuiscono al privato una facolta’, non un obbligo, di risolvere il contratto con la ditta “mafiosa”.
Del resto, anche nel sistema degli appalti pubblici l’interdittiva “antimafia” non obbliga sempre la stazione appaltante a interrompere il rapporto; essa infatti, come illustrato dalla giurisprudenza amministrativa può lasciar proseguire l’esecuzione dell’appalto alla ditta infiltrata in alcuni particolarissimi casi, quando, ad esempio, l’opera commissionata sia ormai in via di ultimazione (art. 11 del D.P.R. n. 252/1998).
È comprensibile che il privato possa nutrire dei timori nell’esercitare la risoluzione del contratto. Vorrei che si comprendesse come questa scelta e’ a tutto vantaggio del cittadino e, in particolare, della qualita’ dei lavori che devono essere realizzati e, su un piano più generale, della salvaguardia della societa’ civile. Credo sin da ora che ciascuno dei cittadini del cratere sismico debba porsi il problema di che cosa diventeranno le proprie citta’, una volta ricostruite le abitazioni, e cioe’ se gli edifici siano stati non solo risanati, ma anche migliorati sotto il profilo della “resistenza sismica” e quale sara’ la qualita’ della vita sociale ed economica.
Come Prefetto il mio impegno e’ quello di fare tutto ciò che mi e’ consentito per preservare il tessuto sociale ed economico della Provincia che, prima del 6 aprile era certamente un corpo sano. Sono sicura che la societa’ civile sara’ pronta a fare la sua parte e ad essa – assicuro fin d’ora – lo Stato sara’ vicina.
Patrizio Trapasso