Da alcuni giorni l’attuale vice-commissario alla ricostruzione, Antonio Cicchetti, ha pubblicato le direttive per la razionalizzazione delle soluzioni abitative CASE e MAP, per i nuclei familiari del Comune di L’Aquila, sulle quali sono piovuti soltanto giudizi negativi.
La sentenza in oggetto, relativa a fatti antecedenti, sembra entrare in contraddizione anche con una delle nuove disposizioni, la n.7, lì dove indica “Nel caso di assenza di un singolo componente o di parte del nucleo per il medesimo periodo (ndr 3 mesi) il nucleo ridotto dovra’ essere spostato in un alloggio di pezzatura adeguata al nucleo residuo”
La sentenza riguarda infatti un alloggio del progetto CASE, assegnato ad un padre e figlia, con quest’ultima avente domicilio a L’Aquila e residenza nella citta’ di Bologna in cui studia. La sentenza del TAR e’ peraltro talmente logica, congruente e di buon senso, che e’ poco comprensibile l’opposizione del Comune dell’Aquila alle richieste, più che legittime, del cittadino aquilano.
Cosa dice la sentenza.
Il giorno 1 dicembre 2010 il TAR Abruzzo (Sezione Prima) ha accolto il ricorso di Antonio C.
Il ricorso, come si legge dalla sentenza, e’ stato presentato contro: la Struttura per la Gestione dell’Emergenza (S.G.E.) – Area Assistenza Alla Popolazione; Vice Commissario Vicario per la Ricostruzione, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in L’Aquila, viale Fiamme Gialle N. 1 (G.D.F.);
Il ricorso chiede l’annullamento del provvedimento prot.03/04-v del 27/03/2010 emesso dal vice commissario vicario per la ricostruzione – struttura per la gestione dell’emergenza – area assistenza alla popolazione in data 25/03/2010 recante risoluzione comodato d’uso gratuito alloggio assegnato.
Motivo del ricorso e’ l’ingiunzione di sgombro di un alloggio assegnato nell’ambito del progetto CASE, nella forma di comodato d’uso gratuito, in quanto la figlia del ricorrente non sarebbe stabilmente dimorante a l’Aquila, ragion per cui il nucleo di coabitazione che ha consentito al ricorrente di ottenere l’alloggio in questione dovrebbe essere composto di una e non di due persone come dichiarato.
In realta’, gia’ in sede di primo colloquio la figlia del ricorrente aveva dichiarato che, pur avendo la residenza anagrafica a Bologna per motivi di studio, era stabilmente domiciliata presso l’abitazione del padre; la figlia del ricorrente ha comunque tutti i requisiti per l’assegnazione dell’alloggio;
E l’opinione del TAR Abruzzo dell’1 dicembre 2010 e’ che il ricorso sia fondato, in quanto, si legge nella sentenza
“L’Amministrazione resistente ha revocato il contratto di comodato gratuito dell’alloggio compreso nel c.d. ‘progetto CASE’ ed assegnato al ricorrente sul rilievo che il nucleo abitativo non comprenderebbe, così come risultante, anche la figlia che invece risiede a Bologna per ragioni di studio”. Secondo l’Amministrazione, quindi, il cittadino “dovrebbe concorrere all’assegnazione come ‘single’ e al più aspirare all’assegnazione di un alloggio per una persona con ‘letto aggiunto’ per la figlia.”
“Tale circostanza – prosegue la sentenza – era stata fatta constatare all’Amministrazione fin dall’epoca dell’istanza di assegnazione; la ‘struttura per l’emergenza’ aveva dunque valutato, o avrebbe dovuto valutare, la questione della rilevanza dell’assenza, per parte della settimana, della figlia del ricorrente, circostanza che emergeva chiaramente dalla dichiarazione resa da Mara C., figlia del ricorrente, in data 7 agosto 2009.
Non si tratta dunque di circostanza sopravvenuta legittimante la disposta revoca, ma di circostanza preesistente all’assegnazione e, ciò che maggiormente rileva, nota all’ufficio.
Sotto un diverso profilo, secondo l’O.P.C.M. n.3806/2009, regolante le condizioni per ottenere l’assegnazione di alloggio nell’ambito del c.d. “progetto CASE”, ciò che rileva, ai fini dell’assegnazione non e’ gia’ la sola residenza, che nel caso di specie e’ pacificamente esclusa, ma il “domicilio stabile” nel territorio del Comune dell’Aquila (cfr. O.P.C.M. cit., art.1, cc.1.e.2).
Orbene – continua la sentenza – secondo la definizione codicistica e’ “domicilio” il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, che ben può non coincidere con la residenza, ammettendosi la possibilita’ di pluralita’ di relazione tra l’individuo ed il territorio.
La scelta del domicilio, per altro verso, costituisce espressione di una liberta’ costituzionalmente garantita (art.16 Cost.) e presuppone un elemento volontaristico, ossia la scelta soggettiva del luogo ove collocare la sede dei propri affari ed interessi. Nel caso di specie, la permanente presenza del padre a l’Aquila, costituendo significativo legame con il territorio e interesse morale rilevante, e’ sufficiente a giustificare la scelta di fissare appunto in L’Aquila il proprio domicilio.”
La sentenza osserva anche che la condizione del cittadino “non e’ in ogni caso assimilabile a quella di un ‘single’, non potendosi considerare irrilevante la stessa condizione di padre che, alla stregua di apicali principi costituzionali (art. 30, 1° comma, Cost.), conserva il diritto-dovere di mantenere una relazione, anche abitativa, con la figlia; tanto più che quest’ultima, in base a quanto, non ha reddito proprio, circostanza che qualifica ulteriormente una permanente relazione familiare che va certamente considerata ai fini dell’assegnazione dell’alloggio.”
C’e’ altro da dire a proposito? Si potrebbe infierire verso chi non e’ stato in grado di usare da subito il buon senso, sperando nella rinuncia da parte di un cittadino che, da solo, ha sfidato l’amministrazione comunale, e vinto a proprie spese per far valere i propri diritti.
Si potrebbe infierire. Ma forse e’ solo il caso che le istituzioni inizino ad essere veramente vicine ai cittadini, e non vederli come sudditi con obblighi e doveri da rispettare, calati dall’alto seguendo quella logica di emergenza continua che in molti, ancora oggi, credono sia l’unica modalita’ da attuare per risolvere tutti i problemi legati al post-terremoto.
Patrizio Trapasso