Terremoto 8 anni dopo: la ricostruzione che non c’è, i numeri della vergogna

articolo da Primonumero.it

Nei comuni del cratere dopo tremila giorni solo il 30% delle case e delle opere pubbliche e’ stato completato. A parte San Giuliano, dove e’ intervenuta direttamente la Protezione Civile, la gran parte delle famiglie sfollate vive ancora nelle baracche o in affitto. A Colletorto e Ripabottoni nessuno e’ ancora rientrato a casa. A Rotello e Bonefro servono i soldi per riparare i prefabbricati che cadono a pezzi. Iorio: “Sono orgoglioso di aver gestito l’enorme somma di 800 milioni”: Ma i risultati non si vedono. E di soldi non ce ne sono più.
Cratere Sismico. Una ventina di giorni fa il presidente del Molise nonché Commissario delegato per l’emergenza sisma, Michele Iorio, ha fatto una specie di bilancio personale a otto anni dal terremoto. Lo ha fatto diffondendo uno dei suoi tipici comunicati stampa: “Sono orgoglioso di aver gestito un’enorme mole di denaro, oltre 800 milioni di euro, per realizzare la ricostruzione di case, di edifici pubblici, di Chiese, di Scuole e di strade, nella piena legalita’, nell’assoluta trasparenza e in regime di completa appropriatezza di intervento”.
Ottocento milioni di euro? Milleseicento miliardi di lire? Ma davvero? E dove sono finiti quei soldi? Domanda più che legittima visto che visitando i Comuni colpiti dal terremoto del 2002 di quella “enorme mole di denaro” – come la definisce lo stesso Iorio – ci sono soltanto labili tracce. Se si esclude infatti San Giuliano (dove però e’ intervenuta direttamente la Protezione Civile, e non la Regione) la situazione generale nel cratere sismico e’ molto simile a quella di otto anni fa: cioe’ emergenza piena. Molti di coloro che il 31 ottobre 2002 vennero “sbattuti” fuori casa dalla scossa che lesionò o distrusse le loro abitazioni, infatti, stanno ancora arrangiati nelle baracche, o in abitazioni di fortuna, o in quelle che la burocrazia definisce “autonoma sistemazione”. Otto anni dopo! Non due anni dopo come Iorio e il suo complice Silvio Berlusconi giurarono all’indomani del terremoto: «Entro due anni» dissero e promisero «tutti potranno rientrare nelle loro case». A rileggerle oggi quelle parole hanno il sapore della bestemmia.

Sgomberiamo il campo dagli equivoci. Quando si parla di ricostruzione bisogna fare un distinguo fra San Giuliano di Puglia e gli altri tredici Comuni del cratere. La gestione post-sisma di San Giuliano, infatti, non e’ stata affidata al Commissario Iorio, ma se n’e’ fatta direttamente carico la Protezione Civile nazionale che insieme con il Comune stesso ha gestito 240 degli 800 milioni stanziati per la ricostruzione in tutto il Molise. Non che le cose siano andate così bene neppure a San Giuliano: i due anni promessi dall’accoppiata Iorio-Berlusconi sono diventati quattro e poi sei e poi otto e malgrado il fatto che la ricostruzione sia quasi completata, ci sono ancora 40 famiglie (sulle 350 che erano) obbligate a vivere nel villaggio provvisorio.
Ma e’ negli altri tredici Comuni del cratere sismico che il senso di sfacelo e’ incombente. Ed e’ lì che si misura il grado di efficienza di una struttura che seguita a nascondere una realta’ scandalosa: e cioe’ che la ricostruzione, promessa in tempi brevissimi, e’ ancora ben lontana dall’essere completata, in alcuni casi deve ancora iniziare, e i 560 famosi milioni di euro (800 totali meno i 240 di San Giuliano) non si sa quale strada abbiano preso visto che dappertutto – nei tredici Comuni interessati – ci si imbatte con l’identico ritornello: «I soldi erano stati promessi e stanziati, ma sono arrivati solo in parte. E quelli che mancano forse non arriveranno più».

Non si tratta di impressioni o di visioni prevenute. Sono stati gli stessi Comuni interessati a fare, in questi giorni, la contabilita’ della ricostruzione. E i tredici uffici-sisma dei Municipi hanno sentenziato, in un documento che verra’ ufficializzato prossimamente, che la ricostruzione nei tredici paesi del cratere diversi da San Giuliano e’ al di sotto del 30 per cento. Ripetiamo: a otto anni di distanza e a dispetto dei trionfalismi con i quali il Commissario e il suo vice (l’ineffabile Nico Romagnuolo) troppo spesso infarciscono le proprie dichiarazioni.
Insomma, il famoso cratere sismico del Molise e’ in realta’ diventato, in quasi un decennio di inefficienza, il cratere della vergogna, una delle pagine più nere nella storia recente della nostra Regione.
Fra le tante urgenze causate dal sisma, una doveva avere una procedura prioritaria: quella di ridare una casa a chi l’aveva persa. E invece, nel frattempo, si sono sperperati denari in fantomatici programmi di ripresa economica, ma sono state abbandonate a sé stesse le famiglie che si sono trovate da un minuto all’altro senza la loro dimora. A otto anni di distanza ci sono situazioni che gridano vendetta (e in seguito le vedremo caso per caso, cifra per cifra), come quella di Ripabottoni dove su 24 famiglie “sfrattate” dal terremoto solo una ha riavuto una casa nuova; o a Bonefro, 211 famiglie con il diritto a una abitazione nuova e 180 di esse ancora per strada. Per non parlare di Colletorto dove sembra di essere all’anno zero. E per non parlare di villaggi provvisori costruiti per durare due o tre anni (provvisori appunto) e che invece sono ancora affollati come il primo giorno, dove la gente e’ costretta a vivere senza neppure una vaga prospettiva di avere una casa vera e, quindi, con la prospettiva – specie per i più anziani – che quella baracchetta di legno diventi la loro dimora definitiva. Paesi dove a tremila giorni dal sisma i bimbi vanno a scuola nei prefabbricati, o dove le chiese sono in perenne fase di ristrutturazione.
Ma allora, ripetiamo, dove e’ finita quell’enorme mole di denaro di cui il Commissario Iorio si fa vanto?

E c’e’ un dramma nel dramma. Perché non solo i soldi spesi hanno fruttato soltanto il 30 per cento della ricostruzione prevista, non solo i soldi preventivati non sono arrivati, ma altre spese si sono aggiunte e si aggiungono, a tutto danno delle popolazioni colpite. Al danno, dunque, si aggiunge la beffa. L’ennesima. Le casette prefabbricate di legno, quelle costruite dalla Protezione Civile e che dovevano servire «al massimo un paio d’anni», cascano a pezzi. Il legno si e’ spaccato, messo a durissima prova da 32 stagioni che hanno alternato inverni di neve, autunni e primavere di pioggia battente, estati di sole arroventato. Le 22 casette di legno di Rotello, ridotte a un colabrodo dalla grandinata del luglio scorso, devono essere sistemate. Intervento preventivato: 200mila euro. Soldi disponibili: zero. Il villaggio di Bonefro ha bisogno di urgenti lavori di manutenzione. E così, mentre resta ancora da finanziare l’80 per cento della ricostruzione, una percentuale che basta a far arrossire una regione intera, adesso servono un milione e mezzo di euro sull’unghia (che non sono stati ancora reperiti) per riparare le casette. A Bonefro sono sessanta in tutto nel villaggio distante qualche chilometro dal paese, quarantacinque delle quali ancora occupate da famiglie che dopo anni di disagi (e vane promesse) ora debbono anche fare i conti con un aumento vertiginoso delle spese.

Vediamo perché. Le casette sono tutte di legno e di conseguenza, visto che il gas sarebbe troppo pericoloso per un evidente rischio incendi, tutto funziona a energia elettrica: la piastra per cucinare, lo scaldabagno, le stufe per il riscaldamento. E non solo: gli elettrodomestici sono tutti di classe C, i meno “ecocompatibili”, quelli che consumano di più. Fino ad agosto i terremotati usufruivano di agevolazioni dell’Enel, ma adesso l’emergenza e’ finita e l’Enel non vuole saperne di fare sconti ulteriori. «Sono disperata: ad agosto e settembre sono arrivate bollette di 250 euro che ho dovuto pagare per intero. In inverno le cifre saranno esorbitanti: ci avevano detto di stare tranquilli, che avremmo avuto le agevolazioni fino all’ultimo giorno passato qua dentro, e invece non e’ così. Ci prendono in giro».
E il senso di presa in giro si moltiplica in un vortice di rabbia quando pensano che una fetta consistente dei fondi “pro sisma” se ne sono andati in fantasmagorici progetti di residenze per anziani con campi da golf o nell’acquisto di navi come il Termoli-jet. Dicevano, quelli che hanno pensato di accompagnare la ricostruzione con un piano per la ripresa di tutta la regione, che non si doveva solo pensare alle casette e alle scuole, ma anche a ricostruire un tessuto economico. Di tessuto economico in ripresa nemmeno l’ombra, malgrado gli sperperi: in compenso le scuole del cratere sismico sono ancora in altissimo mare. Quasi dappertutto alunni di materne, elementari e medie fanno lezioni nei prefabbricati che sembrano le costruzioni lego. Succede nel cuore della geografia del sisma, mica alla periferia del cratere. Succede a Colletorto, a Santa Croce di Magliano, a Rotello. «Le opere pubbliche sono state definanziate per mancanza di soldi» raccontano con una voce atona e scoraggiata nei Comuni, dove non si cerca nemmeno più di giustificare l’inerzia di una ricostruzione che procede a passo di lumaca, in barba ai proclami. Succede a Bonefro, dove non hanno nemmeno una palestra, e se piove durante le ore di educazione fisica si resta dietro al banco, ad ingannare il tempo con i disegni colorati delle povere maestre che non sanno più che inventarsi per convincere i bambini che non bisogna perdere le speranze.

Non e’ facile, e non e’ facile nemmeno continuare a lottare in questo villaggio bersagliato dal vento tagliente, il cui parroco Antonio Di Lalla, che a fatica porta avanti il progetto del mensile “la Fonte”, punto di raccordo dei terremotati, scrive sul numero che celebra la drammatica ricorrenza: «2922 giorni dall’evento che ha segnato irreparabilmente le coscienze di quanti il terremoto l’hanno subito veramente, ma ancora troppo poco e’ stato fatto per porre rimedio al disagio che ne e’ scaturito. In alcuni paesi come Ripabottoni nessuno di quelli che hanno perso la casa e’ ancora rientrato nella nuova abitazione. Sembra impossibile, per un paesino di 500 abitanti, e invece e’ vero. Niente scuole, e niente case. Del resto i progetti di classe A, cioe’ quelli delle prime abitazioni, sono ancora nella stragrande maggioranza dei casi allo stadio embrionale, o – addirittura – meri progetti su carta senza copertura finanziaria. Vedere per credere.

A Colletorto, delle 22 famiglie che si sono trasferite nell’insediamento temporaneo, oggi ancora nessuna e’ rientrata a casa. A Ururi i 3200 abitanti del 2002 sono diventati meno di 2700 e 51 famiglie, sulle 110 che hanno perso la casa, aspettano di rientrare. Non e’ detto che accadra’, dal momento che i progetti finora finanziati sono soltanto la meta’ del numero totale. E il flusso di denaro erogato con abbondanza i primi tempi si e’ prosciugato come un torrente africano colpito dalla siccita’.

«Squallidamente si vuol far passare la fine dell’emergenza con la fine dei disagi causati dal terremoto» scrive don Antonio su “la Fonte”, interpretando uno stato d’animo comune a tutti quelli che stanno per affrontare un altro inverno nelle casette. E ancora: «Il sedicente (perché a noi risulta che non lo e’ più da un pezzo) sub commissario Nicola Eugenio Romagnuolo e’ troppo indaffarato a difendere lo scadente (nel senso che finalmente si e’ posto fine all’emergenza) commissario Angelo Michele Iorio e a maneggiare progetti per la ricostruzione, per occuparsi di queste quisquiglie che comportano solo grattacapi, tant’e’ che non si e’ mai visto in giro. Qualcuno ci spieghi, per favore, quale sarebbe dovuta essere la sua funzione, ora che e’ estinta. Un fatto e’ certo: non e’ mai nato un progetto unitario di ripresa e sviluppo nei centri del cratere, mentre, ma sara’ solo un caso di bravure collettive, il suo paese e’ molto più avanti degli altri nella ricostruzione».

Magari e’ un caso, però e’ vero. A Casacalenda, comune nel quale Romagnuolo e’ consigliere, e’ stato ricostruito circa il 70 per cento: una specie di miracolo, se paragonato a quello che succede altrove. E altrove, sostengono i tecnici e il personale dei Comuni, il problema sono i soldi che mancano, finora appena sufficienti a coprire meno della meta’ dei progetti di edilizia privata. E a questo bisogna aggiungere la burocrazia farraginosa, la lentezza elefantiaca degli uffici della Regione, i tempi che impiega la commissione per le autorizzazioni sismiche, le nuove norme entrate in vigore dopo il terremoto de L’Aquila, che stabiliscono una serie di modifiche non da poco per i progetti di edilizia privati affidati al pubblico, dunque ai Comuni. «Bisogna rifare tutto da capo per avere le autorizzazioni. Chissa’ quanto tempo passera’».

Se in otto anni la ricostruzione, con pochissime eccezioni, e’ ferma al 30 per cento, facendo una media, quanti anni dovranno passare perché le persone rientrino in una casa degna di chiamarsi così e i bambini possano rimettere piede in una scuola vera? E soprattutto: e’ una ipotesi ancora credibile, adesso che il denaro e’ finito e i progetti per le prime residenze aspettano un finanziamento che non e’ detto che verra’?
Siamo andati a vedere, Comune per Comune, com’e’ la situazione. E a prendere i numeri ufficiali, che gli uffici sisma dei centri del cratere ci hanno fornito, per provare a tracciare una fotografia di questo ottavo anniversario un po’ più fedele all’originale rispetto alle “belle copie” che circolano in questi giorni.

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Bonefro
All’indomani del terremoto sessantuno famiglie hanno avuto una casetta di legno nella piana a pochi chilometri dal paese, dove il bus del trasporto pubblico costa la bellezza di 60mila euro l’anno. «Tanto in tre anni le casette si liberano» era stato detto. E invece. Le famiglie che vivono qui sono ancora tante: 45. Le famiglie che invece hanno percepito l’autonoma sistemazione erano 150 e ora sono 55. «Ma solo 15 sono rientrate a casa. Degli altri moltissimi residenti sono morti, altri sono andati via dal paese». Lo spopolamento di Bonefro fa impressione: da 1850 abitanti del 2002 a 1540.
«La ricostruzione e’ al 20 per cento, ed e’ una percentuale arrotondata per eccesso» sostengono in Municipio, dove si accumulano le carte per il finanziamento dei progetti.
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Casacalenda.
Delle 174 famiglie rimaste senza casa, 24 sono ancora in autonoma sistemazione. Qui il villaggio provvisorio non e’ stato realizzato, ma il Comune ha acquistato dieci alloggi per dare un tetto ai terremotati, la maggioranza dei quali sono ancora occupati. Ventisette milioni di euro i contributi per la ricostruzione dell’edilizia privata, dei quali sono stati erogati circa 20 milioni. I lavori qui sono arrivati al 70 per cento. Per la scuola materna, elementare e media “Giovanni Cerri” e’ stato realizzato un prefabbricato con i fondi del Corriere della Sera e del Tg5. Per quanto riguarda le superiori, e’ stato ricostruito un primo lotto, inaugurato a settembre, e ospita il Professionale e il Ragioneria.
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Castellino del Biferno
Delle 640 anime circa di Castellino del Biferno, il numero di quelle che attendono una sistemazione definitiva in seguito ai danni del sisma, e’ per così dire “oscillante”. Secondo l’Ufficio Sisma del paese «sono 19 i nuclei familiari in autonoma sistemazione, mentre si contano fra le 15 e le 17 le famiglie che ancora risiedono nei moduli abitativi. Ma di altre persone, attualmente, non conosciamo la sistemazione. E il numero sale di parecchio». Effetti di una ricostruzione a singhiozzo che ha portato a Castellino fra i 18 e i 20 milioni di euro circa e che, stando alle stime, ne dovrebbe far arrivare ancora 12 o 13 milioni.
Ci sono voluti tre anni invece per erigere un edificio che dal Natale 2005 ospita i bambini delle scuole primaria e secondaria del paese.
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Colletorto
Per capire cosa e’ stato fatto in questo Comune, tra i più danneggiati dal sisma del 2002, basta vedere la presenza di container – container! – lungo la strada principale. Dentro l’alimentari, il tabaccaio, e altre attivita’ commerciali. Sono ancora qui, come in piena emergenza, otto anni dopo la scossa. «Quando rientreremo in negozi veri? E chi lo sa?». Sanno invece, fin troppo bene, a chi dare la colpa di questo scandalo. «Iorio ha usato il denaro per coltivare altre priorita’, evidentemente. E noi dobbiamo arrangiarci». I numeri ufficiali confermano: 112 famiglie in autonoma sistemazione, 20 ancora nei prefabbricati. Praticamente le stesse rimaste senza casa nell’autunno del 2002. Dei 132 progetti per ricostruzione pesante, solo 3 sono stati ultimati. E’ arrivato un terzo del denaro necessario a ricostruire il paese: 27 milioni di euro a fronte di 70. La scuola elementare e media? Nei prefabbricati, proprio come dopo il terremoto. I lavori per il nuovo edificio non sono stati nemmeno appaltati. Di più: non e’ nemmeno certa la copertura finanziaria.
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Larino
Nel più grande dei comuni sismici i progetti di ricostruzione della classe A in totale sono 157. Soltanto 30 di questi sono “chiusi”, come si dice nel linguaggio burocratico che i dipendenti comunali, loro malgrado, hanno dovuto imparare durante l’emergenza. Solo trenta le famiglie rientrate a casa, perché il resto dei progetti e’ diviso così: 51 finanziati, 22 quelli la cui istruttoria e’ finita e in attesa di fondi, 19 ancora in attesa della conferenza dei servizi. E il denaro? La stima per la ricostruzione della cittadina frentana parla di 45 milioni di euro. Ma ad oggi sono arrivati 18 milioni. E in più ci sono ancora 80 famiglie in autonoma sistemazione, mentre altre 14 abitano in un condominio acquistato dal Comune subito dopo il sisma per evitare le casette.
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Montelongo
All’inizio erano 15 le famiglie che usufruivano dell’autonoma sistemazione, ora ne sono rimaste 3 che ancora non rientrano nella propria casa.
Per la classe A il finanziamento complessivo e’ di circa 4 milioni di euro. Sono stati presentati 20 sottoprogetti, dei quali 16 finanziati. Per la riparazione funzionale, delle 70 istanze inoltrate, 44 hanno ottenuto il contributo di 20mila euro. Attualmente le sei case prefabbricate sono ancora abitate da altrettante famiglie, in attesa di rientrare nei propri alloggi.
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Montorio nei Frentani
Sono sette, sulle dieci che ne avevano diritto, le famiglie di Montorio nei Frentani in attesa di una sistemazione definitiva dopo il terremoto del 31 ottobre 2002. Fra queste, un nucleo familiare occupa ancora un modulo abitativo allestito pochi giorni dopo le scosse telluriche di 8 anni fa.
In totale invece, sono 19 gli edifici classificati con la lettera A: di questi, uno solo e’ stato completato, sei sono in corso d’opera, sette attendono ancora il finanziamento, mentre altri cinque sono in attesa di pareri dei tecnici. Parlando di fondi sisma, per la classe A, Montorio nei Frentani ha ricevuto 1 milione e 700 mila euro di complessivi 4,6 milioni che ancora tardano ad arrivare.
La scuola del paesino di appena 500 abitanti o giù di lì e’ invece agibile, ma come tante dalle parti del cratere, non e’ a norma dal punto di vista sismico. L’idea e’ quella di costruire un nuovo edificio al posto del vecchio, ma il milione e 200 mila euro promessi sono ancora in bilico.
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Morrone del Sannio
Il piccolo comune ha diritto a 13 milioni di euro per la classe A, le prime abitazioni. A otto anni dal sisma e’ stato erogato l’80 per cento del budget totale, e i lavori sono stati completati per il 70 per cento. Trentaquattro le famiglie che hanno scelto l’autonoma sistemazione dopo l’emergenza. Due non ancora rientrano a casa, e sono in affitto in altri stabili. Le sette case di legno localizzate in diversi punti del paese sono state tutte liberate. A sessanta famiglie sono stati assegnati i 20mila euro per la riparazione funzionale. La scuola elementare del paese, inagibile dopo il sisma, e’ stata abbattuta e ricostruita ex novo, con un finanziamento di 2 milioni e 100mila euro, finanziamento stanziato anche per la palestra e la media, che si trovano a Ripabottoni. La nuova scuola di Morrone e’ stata inaugurata nel 2006.
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Provvidenti
Anche qui le cose vanno decisamente meglio, complice anche la dimensione “in miniatura” del paesino, nemmeno 130 anime: sono tutti terminati gli interventi per la riparazione funzionale, che avevano riguardato 31 domande. Tredici famiglie erano state sfollate dopo il terremoto. Sono ancora tre quelle che vivono, in una situazione di isolamento quasi totale, nel villaggio provvisorio “Friuli”. Due nuclei familiari usufruiscono attualmente dell’autonoma sistemazione. Subito dopo l’emergenza ne erano 11. Venticinque i progetti presentati per la classe A. Ventuno quelli finanziati, per un importo di poco più di 5 milioni di euro. Dei quattro rimanenti, uno resta in attesa di un contributo di 76mila euro. Tre aspettano i pareri per essere portati avanti.
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Ribapottoni
Qui i Peu e i Pes di classe A e di classe A Bis sono in totale 73. Di questi solo per 16 progetti di classe A c’e’ stata la promessa di finanziamento, per un totale di 14.768.703,23 euro. Per i restanti 57 servirebbero ancora 39.626.082,16 euro, che non si sa se arriveranno. Attualmente 8 piani sono fermi da mesi nei cassetti degli uffici regionali in attesa dell’esame della commissione sismica. Su 24 famiglie che hanno ricevuto l’ordinanza di sgombero, 8 hanno ottenuto l’autonoma sistemazione e 15 vivono nei prefabbricati. Finora solo una famiglia e’ rientrata nella propria abitazione.
A Ripabottoni non ci sono scuole o chiese inagibili. Ma ci sono edifici lesionati. Le ristrutturazioni sono infatti finanziate o in corso di finanziamento per un totale di 8.117.500,00. Tra queste ci sono lo spogliatoio del campo sportivo, la caserma, la chiesa e Palazzo Cappuccilli dove si trova la biblioteca comunale e la sala consiliare. Per quelle che non sono state ancora finanziate servirebbero altri 19.626.082,16 euro. Finora a Ripabottoni sono stati concessi circa 20 milioni di euro, su un totale di 70 milioni che servirebbero per completare l’intera ricostruzione che, con questi dati, e’ al 25,26 per cento.
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Rotello
I dati sono impressionanti: in otto anni sono arrivati tra i 7 e gli 8 milioni di euro. Ne mancano all’appello oltre 19. La ricostruzione e’ ferma al 23 per cento.
A Rotello i Peu (progetti di edilizia unitaria) di classe A, quindi le prime case, in totale sono 72. Di questi solo per 32 c’e’ stata una promessa di finanziamento, per un totale di 13 milioni e mezzo di euro. Finora, però, la somma arrivata nelle casse comunali oscilla tra i 7 e gli 8 milioni di euro. Molte delle ristrutturazioni finanziate sono ancora in corso, altre non sono nemmeno cominciate. Restano in lista ancora 40 progetti di Classe A che devono accedere ai fondi, di cui 24 sono fermi alla commissione sismica regionale da più di un anno. Su circa 70 nuclei familiari che hanno ricevuto l’ordinanza di sgombero, finora solo 18 sono rientrati. 48 usufruiscono ancora dell’autonoma sistemazione. Ma i problemi a Rotello ci sono anche per la famiglie che hanno ricevuto il cosiddetto ’danno indotto’, cioe’ quelle che pur potendo restare nelle loro case hanno ugualmente diritto ai fondi di classe A. Per loro, che dovrebbero lasciare l’abitazione per permettere la ristrutturazione, non e’ prevista l’autonoma sistemazione. Dalla struttura commissariale della Regione hanno messo il veto: «Non ci sono soldi. Devono provvedere da soli a una sistemazione alternativa»: più o meno questo quanto riferito al sindaco e agli amministratori dalla struttura regionale preposta alla gestione del terremoto. E chi non se lo può permettere? Non e’ un problema di nessuno, a parte dei diretti interessati.
Le scuole elementari e medie del paese sono intitolate a Francesco Jovine, come quella di San Giuliano di Puglia crollata con il terremoto. Sono inagibili dal 2002, così come anche l’asilo nido. Tutti i bambini del paese, un centinaio circa, frequentano le lezioni in un prefabbricato. Anche la domenica a messa si va in un prefabbricato. Perché l’unica chiesa del paese, quella di Santa Maria degli Angeli, e’ inagibile. Tutte le opere pubbliche da circa un anno sono state definanziate perché sono finiti i fondi.
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Santa Croce di Magliano
Il 31 ottobre 2002 circa 170 famiglie hanno perso la casa. Otto anni dopo 33 nuclei sono ancora in autonoma sistemazione, cioe’ percepiscono un contributo per l’affitto di 100 euro al mese per persona. Dodici le famiglie che ancora risiedono nel villaggio provvisorio. «Da qui non si e’ mosso nessuno» dicono con un sorriso sarcastico gli abitanti delle casette, a poca distanza dai prefabbricati che ospitano le scuole. Materna, elementare e media. La scuola nuova e’ un’utopia, una fantasia per inguaribili ottimisti. «Non ci sono soldi per ricostruirla, per il momento resta inagibile e poi, se succede un miracolo, si vedra’…»
La ricostruzione e’ al 44 per cento, dicono in Comune. Aggiungendo che molti progetti di classe A, cioe’ quelli delle prime abitazioni, sono fermi al palo. «Almeno 6 aspettano ancora l’autorizzazione, figuriamoci il finanziamento».
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Ururi
Il primo dato che balza agli occhi a otto anni dal sisma e’ quello sul numero di abitanti. Da 3200 circa a meno di 2700. Più di 500 persone hanno lasciato il paese per sempre. E’ solo uno degli effetti di una ricostruzione che va a rilento e che nello specifico vede ancora 51 nuclei familiari in attesa di una sistemazione definitiva. All’indomani del terremoto, le famiglie che ne avevano diritto erano 110. Passando alle scuole, gli oltre 60 bimbi della scuola materna frequentano ancora un prefabbricato in legno messo in piedi poco tempo dopo il sisma. Per la scuola primaria e secondaria invece, il Comune ha in progetto la realizzazione di uno stabile gia’ finanziato in due lotti, rispettivamente da 1 milione e 250 mila euro e 900 mila euro cui si aggiunge un altro milione e 250 mila da fondi non relativi alla ricostruzione.
Fondi che si sommano ai 9 milioni e 84mila euro gia’ stanziati per le riparazioni di edifici identificati come classe A su un totale di 19,6 milioni. Mancano quindi all’appello oltre 10 milioni di euro. Si stima invece che altri 19 milioni occorrerebbero per realizzare tutte le altre riparazioni per gli edifici con lesioni di minore entita’.

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Il risarcimento di San Giuliano: case, scuola e piscina olimpionica
E’ l’unico comune del cratere sismico dove il denaro chiesto e’ arrivato e i lavori sono stati appaltati: 240 milioni divisi tra opere pubbliche ed edilizia privata, gestiti direttamente dalla Protezione Civile e non dalla Regione. Otto anni e molti ritardi dopo, il nuovo paese e’ una realta’, comprensiva di pavimenti di lusso, strutture sportive all’avanguardia e centro culturale. Ma molte case restano vuote.

San Giuliano di Puglia. E’ fatta, stavolta davvero. Il paese simbolo del terremoto, l’unico che ha contato i morti – ed erano morti bambini, morti due volte sotto la macerie di una scuola fatta coi piedi, venuta giù come un castello di carta – e’ stato ricostruito. San Giuliano di Puglia, 8 anni dopo, sa di intonaco e calce, e’ una distesa di edifici da cartolina nei colori intensi dei giocattoli. Certo, in ritardo sui tempi annunciati. Certo, tra mille difficolta’ e con i cantieri ancora aperti, le gru in azione, le ruspe in movimento: nel centro storico si continua a lavorare, perché qui le case nuove non sono ancora pronte. Quaranta famiglie aspettano di rientrare, contano i mesi che li separano dal momento in cui sentiranno il tintinnio delle chiavi – chiavi vere, di una vera casa – nel villaggio provvisorio dove intanto la bolletta dell’elettricita’ e’ triplicata perché le agevolazioni Enel sono finite insieme allo “stato di emergenza”. Rientreranno presto, e’ questione di pochi mesi, promette il sindaco Luigi Barbieri, al suo secondo mandato elettorale. «Siamo al 90 per cento di lavori» spiega il primo cittadino, che ha gestito la ricostruzione con la Protezione Civile e il “soggetto attuatore”, quel Claudio Rinaldi finito, con Guido Bertolaso, nella maxi inchiesta “Grandi Eventi” che vede l’imprenditore romano Anemone al centro di una presunta “cricca” di affaristi sulla pelle degli sfortunati.

Qua di sfortuna ne hanno avuta troppa, e la ricostruzione – l’unica degna di chiamarsi così nel cratere che annovera 14 comuni – e’ anche un risarcimento. «E’ soprattutto un risarcimento» dicono, e nemmeno troppo a bassa voce, geometri, direttori dei lavori e muratori che nella zona alta del paese lavorano di rifiniture alla nuova piscina. Costa 4 milioni e mezzo di euro, e’ olimpionica, e ospitera’ – o dovrebbe ospitare, nelle intenzioni – campionati e gare. Una cosa così da queste parti non s’era mai vista. «Per natale sara’ pronta» sorride un muratore della ditta abruzzese che completa la facciata. E nemmeno s’e’ mai visto un palazzetto dello sport – campi di basket e pallavolo, tutto regolamentare, tutto imminente – al posto della vecchia palestra, che otto anni fa di questi tempi ha accolto le bare di quella camera ardente che ha commosso il mondo.

Basta fare pochi chilometri e scoprire, visitando paesi come Colletorto, Bonefro e Rotello, che la ricostruzione e’ solo un vocabolo ripetuto nelle carte di una burocrazia elefantiaca. Ma qui, in questa cartolina, e’ una realta’ che fa impressione. Concentrati in un raggio di duemila metri quadri, a ridosso della scuola più sicura d’Italia, che ospita cento bambini ma vanta dimensioni degne di un polo universitario, ci sono lavori per almeno dieci milioni di euro: la piscina, il nuovo palazzetto, il centro culturale. Una manna per l’edilizia regionale, a cominciare dalle imprese di falcione, del gruppo di Petriciello, di De Biase. Un indennizzo per la popolazione che ha perso una generazione intera. Un’ingiustizia, che nessuno riesce a raccontare a voce alta, per gli abitanti dei comuni limitrofi, con i bambini che vanno a scuola nei prefabbricati da tempo immemorabile, le casette di legno che lasciano entrare la pioggia e i soldi che non ci sono più per fare niente.

A San Giuliano di Puglia e’ stata tutta un’altra storia. I 240 milioni di euro ottenuti, unico caso del cratere sismico in cui il denaro e’ arrivato nella stessa misura in cui e’ stato chiesto, sono stati ripartiti tra ricostruzione delle opere pubbliche (153 milioni) ed edilizia privata (87 milioni). Erano 410 le famiglie che avevano perso la casa con il terremoto. «Una sessantina sono rientrate a casa nel giro di pochi mesi – riepiloga il sindaco, che non ha bisogno di leggere fogli per citare dati e sciorinare numeri che conosce a memoria – i residenti della parte più alta hanno subito danni lievi, risolti con gli interventi di riparazione funzionale». Gli altri si sono divisi tra il villaggio provvisorio, dove per anni hanno vissuto circa 270 nuclei familiari, e l’autonoma sistemazione, cioe’ il contributo per l’affitto, erogato a circa 80 famiglie.
Qui gli appalti sono stati gestiti direttamente dal soggetto attuatore e non da Michele Iorio, il commissario straordinario che si e’ occupato di tutte le altre opere finanziate con i fondi post sisma nel resto del cratere e della regione. «Non c’e’ più nulla da finanziare» ripete soddisfatto il sindaco, mentre organizza l’ottava ricorrenza del terremoto che vedra’ la presenza di Bertolaso per appuntare le medaglie d’oro sul petto dei genitori che hanno perso un figlio.

Unico rammarico, la mancata consegna del Parco della Memoria, quel buco dove c’era la scuola elementare e dove non svettera’ niente a parte i ruderi dell’edificio che ha inghiottito in una pioggia di travi e mattoni 27 bambini e una maestra. Il taglio del nastro era in programma adesso, ma slittera’ ancora. Si levigano pezzi di muro sopravvissuti al crollo, e la distesa bianca ha qualcosa di irreale nel bel mezzo di questa passeggiata da cartolina, dove le case abitate sono pochissime, e le serrande abbassate ancora restituiscono un senso di abbandono, nonostante lo sfolgorio dei muri tinteggiati di fresco. Molti sono andati via, si sono “rifatti una vita” nei centri più popoloso del Molise, Campobasso e Termoli. Altri, dopo anni di edilizia per la ricostruzione, sono ripartiti verso il nord. «I lavori sono quasi finiti, e per i prossimi dieci anni le case non avranno bisogno di manutenzione. I muratori ormai non servono…». Perché San Giuliano, ironia del destino, e’ un paese di contadini e muratori.

Otto anni, molto dolore e molto rancore dopo, il tessuto sociale prova a ricompattarsi. «La vita qui nel nuovo paese?» racconta la barista, che ha aperto un anno fa il suo locale nuovo di zecca «Meglio di prima, sì. Ma poi arriva questo periodo e si torna a litigare. Certe cose non cambieranno mai». Intanto qualcuno ha gia’ provato a vendere la casa nuova, «tanto io non ci abito qua e non ho intensione di tornare». E il geometra che dirige i lavori della stradina che passa dietro al centro storico e degli arredi urbani – 4 milioni di euro per una pavimentazione che non sfigurerebbe a Firenze – rivela: «mi servivano case da affittare agli operai, credevo che non avrei avuto difficolta’ con tutti questi appartamenti vuoti. Ma mi hanno chiesto cifre che nemmeno all’Eur a Roma. E ho rinunciato». Chissa’ come andra’ a finire, la storia di San Giuliano.