Articolo da ilCentro.it (“L’Aquila, per la ricostruzione servono più di dieci miliardi. In cassa ce ne sono solo tre”)
Quanto costa rifare L’Aquila? La cifra di 20 miliardi spaventa un po’ tutti. Allora, c’e’ chi ha preso un foglietto e ha scritto esattamente la meta’, un po’ come quell’amministratore scaltro del Vangelo in vena di sconti ai debitori del padrone. Dieci miliardi 530 milioni 449 mila 727 euro. Questo l’«assegnone» che Berlusconi dovrebbe staccare per riparare i danni del sisma. Il calcolo e’ della struttura di missione capeggiata dall’architetto Gaetano Fontana che ha comunicato la cifra a Chiodi.
QUANTO COSTA. Va precisato subito che quella della struttura di missione e’ una stima provvisoria dei costi della ricostruzione che riguarda i soli danni dell’Aquila citta’, escluse frazioni e Comuni del cratere. Alla fine, forse, la cifra verra’ superata e ci si avvicinera’ di più a quella dei 20 miliardi, che nessuno ora si azzarda a voler sottoscrivere. Ecco, nel dettaglio, le singole voci che messe insieme danno il totale di 10 miliardi e 530 milioni di euro. La parte più rilevante della grossa cifra, pari a 3,419 miliardi, e’ destinata a essere assorbita dalla riparazione degli edifici classificati E (distrutti oppure con gravi danni alle strutture) che si trovano fuori dal centro storico della citta’. A seguire, per una somma pari a 2,224 miliardi, c’e’ il capitolo di spesa relativo alle abitazioni del centro storico del capoluogo di regione. Terzo posto (1,859 miliardi) per il ripristino dei palazzi privati vincolati che si trovano praticamente tutti nella zona rossa della citta’. Alla ricostruzione delle chiese e degli edifici di culto saranno destinati, invece, 1 miliardo e 300 milioni. Per le opere di urbanizzazione, invece, la previsione parla di 800 milioni di euro. Inoltre, sono previste altre due voci. Si tratta di quella relativa alla ricostruzione degli edifici pubblici non sottoposti a vincolo, per cui saranno necessari, secondo la previsione, 787 milioni e, infine, di quella che riguarda gli edifici pubblici vincolati censiti (circa 250) ai quali andranno 141 milioni, di euro. I conti fanno girare la testa anche a chi e’ abituato a lavorare con cifre così altisonanti.
LA TASSA DI SCOPO. A nulla sono valsi gli appelli verso l’istituzione di una tassa di scopo per finanziare la ricostruzione. Soldi dal Lotto, soldi dai Gratta e vinci, ma non da un contributo di solidarieta’ che magari, subito dopo il sisma, sarebbe stato facile da far digerire agli italiani, come vanno ripetendo tutti gli esponenti dei partiti di opposizione al governo Berlusconi. E invece le risorse arriveranno da altri canali. Quali? Duecento milioni, forse anche duecentocinquanta, da erogare a partire dall’anno prossimo, a rate da 20-25 milioni, e per 10 anni successivi. È questa l’ultima promessa in ordine di tempo, pronunciata all’Aquila dal ministro per i Beni culturali Sandro Bondi che al posto del Lotto ha deciso di pescare sui fondi Arcus, cioe’ l’1 per cento del 3 per cento degli stanziamenti per le infrastrutture che ogni anno viene destinato «alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attivita’ culturali». All’Aquila dovrebbero arrivare 25-30 milioni di euro l’anno. Cinque palazzi l’anno, secondo una valutazione ad opera dell’assessore comunale Stefania Pezzopane.
SOLDI IN CASSA. Di soldi in cassa, veri, toccabili, da destinare alla ricostruzione dell’Aquila, al momento attuale, ce ne sono appena tre. Si tratta, in particolare, degli ormai famosi 2 miliardi di euro messi a disposizione dalla Cassa depositi e prestiti attraverso il sistema delle banche, con la formula del finanziamento agevolato. Un meccanismo, questo, che dopo un avvio piuttosto stentato e tra mille diffidenze, adesso pare aver cominciato a marciare a pieno regime. Questo stanziamento e’ stato finora intaccato per una quota che si aggira sui 400 milioni di euro che sono stati gia’ impiegati per operare nella ricostruzione cosiddetta leggera, riservata agli immobili che non ricadono nei centri storici, per i quali occorre attendere i piani di ricostruzione. Inoltre, come annunciato nei mesi scorsi dal commissario del governo per la ricostruzione Gianni Chiodi, il governo ha gia’ provveduto a trasferire nella contabilita’ speciale della struttura commissariale una somma pari a 900 milioni di euro, 170 dei quali da destinare alla ricostruzione degli edifici pubblici e 714 per la ricostruzione privata. Tuttavia, parte di questi fondi e’ stata messa a dura prova a causa del colpo di coda rappresentato dai debiti contratti nella fase dell’emergenza per sopperire alle esigenze legate all’assistenza alla popolazione. Inoltre, nella cassaforte ministeriale, ci sono anche i 47 milioni di euro di fondi destinati alla riparazione e adeguamento sismico delle scuole di ogni ordine e grado dell’Aquila e del suo circondario. È questa la base di partenza, ma di soldi veri ne serviranno ancora tanti.
SOLDI PROMESSI. Nel capitolo dei soldi promessi vanno annoverate le donazioni, ancora in fase di reperimento e di quantificazione. Tuttavia, la gran parte dei fondi di questo tipo e’ stata gia’ impiegata per realizzazioni che poco hanno a che fare con la ricostruzione vera e propria (vedi Progetto CASE). A questo si aggiungono anche gli stanziamenti previsti dall’Unione europea. Una buona mano per abbassare i costi da destinare alla ricostruzione degli edifici di culto e degli altri beni architettonici della citta’ potrebbe arrivare dalla lista di nozze ideata da Berlusconi per l’adozione dei 45 principali monumenti. Ma naufragata tra una promessa e una dimenticanza.
LE SEI AREE VERDI. Domande da presentare entro meta’ settembre per le sei aree a intervento immediato, o a breve, verdi nel senso di speranza. Le aree in questione sono le zone dell’ex ospedale San Salvatore-Fontana luminosa, del quartiere di Santa Maria di Farfa, di Porta Napoli Est, di Porta Napoli Ovest, del quartiere Banca d’Italia e di piazza della Lauretana-Santa Croce. Si tratta di zone con meno danni, poche macerie, buona viabilita’ e tante case A e B che attendono soltanto di essere rioccupate. Qui i cantieri, si disse, compresi quelli per gas, acqua e luce, «possono partire subito». È arrivato anche il secondo autunno e serve una spinta decisa e ulteriore per «accerchiare» il centro storico e riportare la gente dentro. Sta per uscire un vademecum dal titolo «Azioni a breve termine-agenda per la ricostruzione». A breve termine, 18 mesi dopo.
di Enrico Nardecchia