Giampilieri (Messina): dopo un anno senza case, ma rifiutano il modello Abruzzo

Articolo da Repubblica.it

La collina del terrore mostra i rattoppi alle sue ferite. Ramponi, anelli, cavi, reti in acciaio coperte da sacchi di juta. Si scava ovunque, questa volta non per cercare segni di vita nel fango, ma per aprire vie di fuga al furore dell’acqua e della terra che non perdonano e che, con l’inverno alle porte, potrebbero tornare a colpire. Perché qui, in questa gola nel fianco della montagna in cui “affondano” i borghi martoriati di Atolia, Molino e Giampilieri, ogni tuono e’ ancora un colpo al cuore. E la gente, appena il cielo diventa minaccioso, scende in strada e guarda con terrore il fianco ferito di una montagna che non tornera’ mai più come prima. Non basta la presenza degli uomini della protezione civile, i cartelli disseminati ovunque con le istruzioni per l’uso in caso di piogge torrenziali, le sirene che suonano e i bollettini di allerta meteo che, adesso sì, vengono diffusi con grande solerzia.

A Scaletta Zanclea, il palazzo costruito sulla foce del fiume a due passi sulla spiaggia che si accartocciò su sé stesso, simbolo dell’incuria e della devastazione del territorio, non c’e’ più. È stato abbattuto e le ruspe stanno proseguendo il loro lavoro anche con le strutture vicine. Qui il paese adesso e’ sicuro.

Un chilometro più su, a Giampilieri, le case devastate dalla furia del fiume di fango sono ancora lì. Né buttate giù né recuperate. Si fara’ dopo, forse entro il prossimo anno. Forse. Una scelta della struttura commissariale presieduta da Raffaele Lombardo e dagli uomini della protezione civile. Perché qui il modello Abruzzo non l’hanno importato affatto. Di ricostruzione delle case distrutte si parla solo e solo in termini di “impegno”. Nessun progetto, nessun finanziamento certo, e soprattutto nessuna data. La filosofia qui e’ tutt’altra. Ai senza casa si paga l’affitto, poi si vedra’. Chi vorra’, ricevera’ un indennizzo e fara’ da sé, diversamente dovra’ aspettare i tempi e i modi di una ricostruzione pubblica ancora tutta da programmare.

Eppure la gente di Giampilieri non si lamenta. Paragonati ai compagni di sventura di San Fratello, dove dopo la frana che ha reso inagibile due terzi del paese i lavori non sono neanche cominciati e i cittadini aspettano ancora gli indennizzi, qui si sentono quasi fortunati. Perché gli affitti vengono pagati, i soldi per gli indennizzi degli esercizi commerciali distrutti sono arrivati, i lavori sono partiti da tempo e la messa in sicurezza non e’ più solo sulla carta. Quindi il miraggio della casa può attendere.

Dice Corrado Manganaro, del comitato “Salviamo Giampilieri”: “Il modello Abruzzo qui non e’ piaciuto a nessuno. È stato dimostrato che la delocalizzazione ha disgregato ancora di più una comunita’ gia’ ferita a morte. E noi vogliamo mantenere la nostra identita’ e la nostra unita’.
Di progetti per le case non ce ne sono ancora. C’e’ un impegno da parte del presidente della Regione Lombardo a indennizzare chi ha perso la casa con il 60 per cento del valore commerciale dell’immobile, al quale aggiungere un ulteriore 20 per cento per chi vorra’ ricostruirsi l’abitazione in territorio di Giampilieri, naturalmente in zona verde. Chi invece decidera’ di aspettare la ricostruzione pubblica ricevera’ un appartamento di 50 o 75 metri quadrati, a seconda del nucleo familiare, e paghera’ allo Stato un canone di affitto simbolico. Di tempi certi non ce n’e’ ancora, intanto perché non si sa ancora quante case bisognera’ abbattere e poi perché si e’ scelto di procedere prima con i lavori di messa in sicurezza a valle dell’intera zona“.

La collina sventrata, dunque, almeno per un altro anno rimarra’ così, con tutte le sue ferite aperte, con le case a cielo aperto ripulite dal fango, con la via Vallone devastata, una mesta e dolorante via crucis dei ricordi transennata per sempre. Si stima che le case da abbattere, alla fine, saranno una ventina o poco più. Nel cuore antico del paese sono rimasti a vivere in trecento, i due terzi della gente e’ andata altrove. È la zona rossa, off-limits per tutti. E un nastro rosso, uno striscione e un mazzo di fiori restano anche più su, ad Altolia, a circondare la voragine che fece collassare la piazza principale del piccolo borgo di montagna.

Dalla vetta al mare: lungo il percorso del fango ci sono cantieri aperti. Ottanta milioni di euro qui sono arrivati e sono serviti ad avviare alcune opere che i tecnici hanno giudicato prioritarie per evitare un nuovo inverno da incubo ai circa 1.500 abitanti di questo spicchio di cintura messinese. Si lavora alla realizzazione del canalone che convogliera’ le acque della montagna deviandole dalle case e indirizzandole a valle verso una capiente vasca di contenimento lungo il confine nord della linea ferroviaria, liberando l’unica via di fuga, quel sottopasso che l’anno scorso fu ostruito dal fango facendo degli abitanti della collina topi in trappola.

L’architetto Felice Zaccone, anch’egli di Giampilieri, spiega: “Sono opere importanti per la nostra sicurezza, per la prima volta forse possiamo dire di sentirci in Italia anche noi. Certo, però, dobbiamo dire che i fondi arrivati sono quasi tutti della Regione, mentre dallo Stato e’ venuto davvero poco. E anche le parole di Bertolaso, subito dopo la tragedia e nei giorni scorsi, alle nostre orecchie suonano come una beffa. Ci mostri una sola casa abusiva e ci dica che cosa abbiamo imparato dalla “mazzata” dei nostri 37 morti”.

Bambini e ragazzi escono a frotte dalle scuole intitolate a Simone Neri, il giovane sottufficiale della Marina morto dopo aver salvato diversi suoi compaesani. Le scuole servite per mesi come area di soccorso e di raccolta adesso funzionano alla perfezione. I ragazzi sanno tutto e sembrano pronti ad affrontare una nuova emergenza. I cartelli della protezione civile campeggiano ad ogni angolo: il suono delle sirene, intermittente o continuo, indichera’ il livello di allarme. In caso di piogge torrenziali non scappare, rientrare in casa, salire ai piani alti e aspettare i soccorsi, protezione civile e vigili del fuoco.

Nonostante tutto: sì, perché a un anno dall’alluvione il lavoro dei pompieri non e’ stato ancora pagato. La protezione civile ha girato alla Regione circa 17 milioni di euro al commissario Raffaele Lombardo che però ha deciso di spenderli in maniera diversa. E il segretario generale del sindacato autonomo di categoria, Antonio Brizzi, annuncia: “Se continua così, faremo causa e chiederemo danni e interessi”.