Il meccanismo di sollevamento di una parte dell’Appennino Centrale, fra la Toscana, l’Umbria, le Marche e il Lazio, e la liberazione dell’energia sismica che accompagna questo processo, e’ stato chiarito da un gruppo di ricercatori dell’Ingv (Claudio Chiarabba, Pasquale De Gori e Fabio Speranza) con un articolo pubblicato su Lithosphere (Vol.1, n.2, 2009), rivista della Geological Society of America. All’acquisizione delle nuove conoscenze si e’ giunti grazie allo studio dei terremoti che si sono verificati tra il 2000 e il 2007 in questa parte dell’Appennino Centrale, i quali evidenziano lo sprofondamento di una parte della crosta e del sottostante mantello facenti parte della ”micro placca Adriatica”.
Lo studio della distribuzione degli ipocentri dei terremoti lungo un piano inclinato verso Ovest, le caratteristiche della crosta individuate dalla tomografia sismica, e l’analisi dei meccanismi focali, hanno portato i ricercatori Ingv a ricostruire, fino a una profondita’ di circa 60 km, il cosiddetto ”piano di Benioff” lungo il quale parte della crosta inferiore sprofonda insieme al mantello.
Associato a questo fenomeno c’e’ anche il rilascio di anidride carbonica la quale, risalendo attraverso le fratture della crosta, sembra costituire uno dei meccanismi di innesco dei terremoti appenninici, come quelli di Norcia (1979), Colfiorito (1999) e L’Aquila (2009).
Secondo Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si tratta di ”un risultato fondamentale per la comprensione della geodinamica mediterranea, una delle zone piu’ complesse del nostro Pianeta; inoltre e’ un lavoro che evidenzia l’importanza del contributo dell’anidride carbonica (CO2) proveniente dall’interno della Terra”.