da ilCapoluogo
La terra trema. Nel Teramano, nell’Ascolano e in tutta l’area del Gran Sasso d’Italia, il terremoto continua a farsi sentire. Le scosse di magnitudo 4.1 e 2.1 a noi più vicine (24-25 settembre 2009) focalizzate tra il Re degli Appennini, L’Aquila e i Monti Reatini, secondo le ultime osservazioni e stime dell’Ingv, sembrano manifestare lo sviluppo della normale evoluzione del quadro sismico dal 6 aprile scorso. Ormai tutta la dorsale appenninica e’ interessata da eventi di questo genere, non necessariamente connessi.
Cosa sta accadendo? Secondo il professor Warner Marzocchi dell’Ingv “la posizione del 4.1 e’ ancora normale e anche la sua occorrenza. Nelle ultime settimane stimavamo probabili terremoti del genere intorno al 10%”. Quindi “repliche” niente affatto trascurabili. “Ovviamente non ce le aspettiamo tutte le settimane”. Cioe’? “Sarebbe stato strano – fa notare Marzocchi – se ce ne fossero state tante tra agosto e settembre. Comunque sia, gia’ dal 7 aprile dissi che la sequenza poteva durare anche qualche anno, ovviamente gli effetti degraderanno lentamente e, forse dopo sei mesi – un anno, saranno solo effetti non risentiti dalla popolazione”. Le persone pensano a volte che gli scienziati dovrebbero essere in grado di prevedere esattamente il terremoto, “…altrimenti – sembra essere la massima popolare – non servite a nulla”: cosa ne pensa? “Che dire? Siamo scienziati non maghi, occorre spiegare alle persone che cosa vuol dire probabilita’ di un evento sismico e che le probabilita’ non sono inutili”.
I ricercatori Ingv in queste settimane hanno inviato articoli e sottoposto relazioni alla comunita’ scientifica internazionale, sia sui dati del terremoto di L’Aquila sia su come usare le probabilita’, anche basse, per il “decision-making”. Questi lavori verranno pubblicati su riviste internazionali e naturalmente interesseranno anche la Protezione civile per il varo di chiari protocolli d’intervento sia prima sia dopo gli eventi. Fatto sta che la letteratura scientifica sul terremoto di L’Aquila, e’ gia’ davvero copiosa. I rapporti preliminari sono pubblici. Non devono essere interpretati per generare apprensione e panico nella popolazione, ma per suscitare la giusta attenzione a chi finanzia queste ricerche (il popolo italiano) sul lavoro svolto dai nostri ricercatori. I quali non hanno a che fare con le sfere di cristallo ma con le osservazioni geologiche sul “campo”, la matematica, gli esperimenti galileiani riproducibili, tanta buona volonta’ e dedizione.
Per farsene un’idea basta rivolgere l’attenzione ai lavori (report, analisi, libri e volumi) realizzati gia’ prima del 6 aprile 2009 dall’Ingv e non solo. Sono numerosissimi, un’autentica cornucopia di “saperi”, costata molti soldi pubblici ma scarsamente utilizzata da politici ed amministratori. Molti lavori ovviamente sono in lingua inglese, ma anche in italiano e non lasciano margini al dubbio o, peggio, al: “non sapevamo!”. Andavano letti, vanno letti e osservati. Indagini macrosismiche, sismicita’ storica, meccanismi focali e stime delle deformazioni tramite rete Gps, non sono fantascienza. Da questi scritti capiamo che cosa e’ realmente accaduto.
Il 6 Aprile 2009 alle ore 03:33 la zona de l’Aquila e’ stata colpita da un forte terremoto. La magnitudo della scossa principale e’ stata valutata sia come magnitudo Richter (Ml) 5.8 sia come magnitudo momento (Mw) 6.3. La sequenza sismica continua la sua evoluzione, con moltissime repliche che vengono localizzate dal personale Ingv in turno H24 con i dati della Rete Sismica Nazionale integrati da ulteriori stazioni sismiche installate nell’area epicentrale. Tre eventi di M>5 sono avvenuti il 6 aprile (Ml=5.8), il 7 aprile (Ml=5.3) e il 9 aprile (Ml=5.1). I terremoti di Ml compresa tra M=3.5 e 5 sono stati in totale 31. Dall’esame dei segnali riconosciuti automaticamente alla stazione Ingv MedNet di L’Aquila, ubicata nei sotterranei del castello cinquecentesco, sono state conteggiate oltre 20mila scosse. Più di 500 eventi sismici con magnitudo maggiore di 2.3. Rilievi geologici di terreno vengono effettuati nell’Aquilano. La dislocazione profonda che ha originato il terremoto di Mw 6.3 che ha colpito l’Abruzzo centrale il 6 aprile 2009, ha provocato uno spostamento del suolo che e’ stato osservato dai satelliti Envisat e Cosmo-SkyMed, misurato grazie all’uso della tecnica di interferometria differenziale SAR. La maggior parte degli eventi sono superficiali, localizzati intorno ai 10 chilometri di profondita’ dove si concentrano anche la serie di terremoti di magnitudo inferiore a 4.0 e la maggior parte della sismicita’ strumentale. Gli studi Ingv evidenziano che l’area sismogenetica avrebbe un’ampiezza limitata.
Nel frattempo e’ stato siglato un accordo tra l’Ingv e il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, per la collaborazione tecnico-scientifica relativa al telerilevamento geofisico-ambientale. La collaborazione tra i due enti consente di rafforzare in modo sinergico le capacita’ di osservazione e monitoraggio del territorio e di condividere dati e conoscenze. Tanti gli obiettivi prefissati, tra cui: l’osservazione, mediante sistemi di telerilevamento aereo della Guardia Costiera, di aree vulcaniche costiere e insulari per studi d’interesse geofisico ambientale; l’utilizzo di risorse di laboratorio e strumentali dell’Ingv per il supporto alla calibrazione della strumentazione aerea ed all’organizzazione di corsi formazione e/o specializzazione sul telerilevamento. (Si ringrazia l’Ingv).