In caso di terremoti intensi, ben il 12% dei territori italiani registra frane, cedimenti o liquefazioni del suolo, ma è la quasi totalità del Paese (83%) a mostrarsi a grande vulnerabilità sismica in quanto predisposto a potenziali amplificazioni forti per costituzione geologica e morfologica. A lanciare il grido d’allarme è Giovanni Calcagnì, Consigliere Nazionale dei Geologi, nel precisare che il dato emerge da studi di Microzonazioni Sismiche, soprattutto di primo livello, per 1660 comuni, di cui circa 500 già eseguiti e validati dal 2011 ad oggi, che verranno presentati alla Convention nazionale dei Geologi Italiani, in programma l’11 e 12 settembre a San Benedetto del Tronto. |
Lo studio è solo all’inizio, ha precisato: ”Dei circa 51 milioni di italiani che vivono in zone sismiche – dei quali 26 milioni in zone ad altissimo rischio (Zone 1 e 2) e altri 25 milioni in zone a medio rischio (Zona 3) – attualmente solo il 5% circa vive in zone già microzonate (761 i Kmq di località abitate). Secondo questi studi di Microzonazione Sismica solo il 5% circa potenzialmente non presenta fenomeni di amplificazione locale. E’ la prova provata – commenta Calcagnì – di quanto i geologi predicano da tempo: la grande vulnerabilità sismica italiana deriva solo in parte da carenze costruttive. Il resto da progettazioni basate su classificazioni sismiche di arcaica concezione che vanno riviste, pensando a nuove forme, più moderne, analitiche e ‘locali”’ chiedono i geologi.
(ANSA)