Là dove le placche tettoniche si scontrano tra loro la crosta oceanica si tuffa nel mantello, sino a raggiungere le sue parti più profonde. Questo alimenta il ciclo continuo della tettonica delle zolle, oltre al vulcanismo che si manifesta prepotentemente in aree come il Giappone e le Ande, e tutto ciò è anche causa di forti terremoti.
La subduzione dei fondali oceanici (lo scivolamento di una placca sotto a un’altra) rende molto difficile ricostruire la morfologia del pianeta così com’era milioni o centinaia di milioni di anni fa, dalla disposizione degli oceani a quella delle catene montuose. Spiega Jonny Wu, geologo (University of Houston, Texas), che «ogni giorno che passa perdiamo informazioni geologiche della storia passata della Terra: è come perdere pezzi di un’anfora rotta che vorremmo rimettere insieme».
Le placche disperse. I geologi tentano di individuare questi pezzi della crosta terrestre finiti all’interno del mantello terrestre utilizzando le onde sismiche che attraversano la Terra e che danno come risultato immagini tridimensionali che somigliano alla tomografia computerizzata.
Negli ultimi anni la tecnica ha messo in luce numerosi corpi che sarebbero riconducibili a pezzi di placche cadute all’interno del mantello e finite in una specie di cimitero delle placche che si trova poco sopra il nucleo della Terra, a 2.900 km di profondità.
Così la radiografia dell’interno del pianeta sta componendo un quadro via via sempre più preciso e, il prossimo mese, in una riunione della American Geophysical Union a San Francisco, in California, un team di scienziati olandesi presenterà uno studio che mostra la disposizione di un centinaio di placche terrestri all’interno del mantello, con informazioni sulla loro età, sulle dimensioni e sul percorso che le hanno condotte dalla superficie fino al mantello profondo. «Passo dopo passo siamo andati sempre più in profondità, sino a raggiungere strati sempre più vecchi», afferma Douwe van Hinsbergen, del dipartimento di geoscienze della University of Utrecht (Paesi Bassi).
Questo atlante del mondo sotterraneo, come lo hanno chiamato i ricercatori, mostra i fantasmi della geografia del passato. Riavvolgendo il nastro del tempo e portando idealmente le lastre di crosta terrestre catalogate dai ricercatori fino in superficie i geologi riusciranno a ricostruire un’immagine delle dimensioni e della posizione degli antichi oceani. Si potranno spiegare anche i momenti di intensa attività vulcanica del passato, che al momento sono difficili da spiegare.
Tomografia della Terra. Il lavoro è, naturalmente, estremamente complesso ed è possibile che i risultati, nel tempo, possano essere profondamente modificati: la tomografia terrestre è una scienza giovane e le incertezze sono numerose.
Si basa infatti sull’interpretazione di milioni di onde sismiche di grandi terremoti, registrate da strumenti sparsi irregolarmente su tutta la superficie della Terra. Le onde dei sismi viaggiano più o meno velocemente a seconda del tipo di roccia che attraversano, ed è da questa informazione che si può ricostruire la morfologia del pianeta. Al momento si utilizzano una ventina di modelli di interpretazione dei dati tomografici e i risultati sono spesso discordanti.
LUIGI BIGNAMI – focus.it