In pochi giorni due terremoti superiori a Magnitudo 7. Non è da escludere una relazione. Pur essendo distanti migliaia di chilometri l’uno dall’altro il terremoto del Giappone potrebbe aver avuto un ruolo nell’innescare quello dell’Ecuador. Ma è presto per averne una certezza assoluta.
di Luigi Bignami – Focus.it – Nell’arco di una settimana due violentissimi terremoti hanno colpito aree densamente abitate. Il primo – sarebbe meglio dire la prima serie di sismi perché più d’uno hanno superato magnitudo 6.5, arrivando anche a 7.3 – si è verificato in Giappone, il secondo in Ecuador. Due situazioni, che pur essendo avvenute a distanza di 15.000 chilometri una dall’altra, hanno caratteristiche molto simili. La prima vede la placca delle Filippine “subdurre” sotto quella euroasiatica. La subduzione è il fenomeno che vede una placca terrestre infilarsi sotto un’altra ed è proprio l’attrito che si verifica tra le due a creare nelle rocce una tensione che prima o poi viene rilasciata improvvisamente attraverso una frattura, chiamata faglia: è il terremoto. In Ecuador le placche che si stanno scontrando sono quella di Nazca, una placca relativamente piccola che copre una porzione dell’Oceano Pacifico, che subduce quella sudamericana. |
La placca delle Filippine si muove a una velocità di circa 10 centimetri all’anno, mentre quella di Nazca di 6,1 centimetri all’anno.
LA RELAZIONE E’ POSSIBILE. È normale chiedersi se terremoti di così forte intensità siano tra loro connessi o se dovevano succedere indipendentemente l’uno dall’altro. La risposta è complessa e non così banale come la si sarebbe data qualche decennio fa.
Allora si credeva che non si poteva in alcun modo connettere tra loro due terremoti così distanti. Ma l’idea è cambiata dal momento in cui il violento terremoto del 2004 che interessò Sumatra, fece cambiare la frequenza e l’intensità dei terremoti che avvenivano lungo la Faglia di San Andreas. Varie ricerche misero in luce che i due fenomeni erano da collegare tra loro.
Complesso tuttavia, è spiegare come si possano collegare terremoti lontani. Quel che risulta più facile pensare nel caso dei due terremoti degli ultimi giorni, è che l’energia sviluppata dal primo sisma sia arrivata là dove c’erano già le condizioni perché si verificasse un altro sisma e che essa abbia dato il colpo di grazia. Abbia, cioè, fatto da goccia che fa traboccare il vaso.
Ma a poche ore di distanza nessuno può sostenere fino in fondo questa tesi che rimane quindi, a livello di ipotesi. E al momento dunque rimane valida anche l’ipotesi che i due terremoti non abbiano nulla a che vedere tra loro e che solo una coincidenza li abbia scatenati a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro.
Se la prima ipotesi fosse corretta dovremmo aspettarci altri terremoti in altre aree del pianeta? A questa domanda nessuno sa dare una risposta, perché è impossibile darla. E quindi è inutile vivere nell’apprensione che possa capitare.
ATTENZIONE AI VULCANI. Quel che invece sarebbe necessario fare subito è una intensificazione del controllo dei vulcani presenti in prossimità dei due sismi, in quanto vi sono diversi vulcani attivi di tipo esplosivo. Terremoti molto intensi possono scuotere la camera magmatica e i gas contenuti possono raggiungere una pressione tale da far scoppiare il tappo. E non ultimo non va esclusa anche le possibilità che fratture profonde mettano in contatto il magma con l’acqua di mare (che in entrambi i casi è vicina). L’acqua entrando nella camera magmatica potrebbe innescare l’esplosione.
Qualcosa del genere successe nel 1991, quando un terremoto innescò l’esplosione, avvenuta a pochi mesi di distanza, del vulcano della Filippine chiamato Pinatubo. Fu una delle esplosioni più intense del secolo scorso.
Luigi Bignami – focus.it