Il terremoto del 21 luglio 2013 ore 3:32 ha interessato una zona conosciuta per la sua pericolosità sismica, che non è elevata come all’interno della catena appenninica ma non è comunque trascurabile. La pericolosità sismica, lo ricordiamo, varia in funzione di diversi parametri, ma senza dubbio il più importante è la frequenza dei terremoti avvenuti in una regione e la loro magnitudo. La regione dell’off-shore adriatico, all’altezza delle Marche, presenta le caratteristiche di una zona sismica: terremoti storici e faglie attive. Il numero e la magnitudo dei terremoti del passato non sono confrontabili con i grandi eventi dell’Appennino, ma ugualmente hanno avuto un impatto rilevante.
La storia sismica di Ancona (fonte: DBMI) rivela numerosi eventi con Intensità Mercalli (MCS) pari o superiore al VII grado, nel 1269, 1474, 1690, 1741, 1870. Esaminiamo qui i terremoti più recenti avvenuti nel ’900 lungo la fascia costiera, in una figura riassuntiva che ne mostra i risentimenti e quindi la loro localizzazione: 1) Il terremoto del 1917 (Numana), magnitudo stimata intorno a 5; 2) Il terremoto del 1930 (Senigallia), magnitudo stimata 5.8-6.0; 3) Il terremoto del gennaio 1972 (Ancona), magnitudo stimata 4.6; 4) Il terremoto del giugno 1972 (Ancona), magnitudo stimata 4.6. |
Come si vede dalle figure, il terremoto di Senigallia del 1930 è l’evento più forte e può essere considerata di riferimento per questo settore. I danni furono numerosi in un’ampia fascia da Senigallia (VIII-IX grado) fino a sud di Ancona ( VIII grado ad Ancona, Sirolo, Numana e altre località, si veda DBMI).
Il terremoto del 1917 è relativamente piccolo, confrontabile con quello della scorsa notte in termini di magnitudo, ma localizzato probabilmente un po’ più a nord.
I due terremoti del 1972 appartengono a una lunga sequenza sismica e anche questi si localizzarono leggermente più a nord di quello del 21 luglio.
La conoscenza delle faglie attive nel settore dell’off-shore adriatico si basa soprattutto sull’esplorazione sismica effettuata negli ultimi decenni per ricerche di idrocarburi. L’interpretazione delle linee sismiche ha mostrato l’esistenza di diversi fronti compressivi sepolti, analoghi in qualche modo a quelli della pianura padana. Si tratta di strutture a carattere compressivo o trascorrente, come anche testimoniato dai (pochi) meccanismi focali dei terremoti recenti (per quelli antichi non esistevano dati per determinarli). Secondo i modelli geologici prevalenti questi fronti geologici sepolti sono attivi e orientati parallelamente alla costa, e sarebbero frammentati da faglie trascorrenti (ossia con spostamento laterale di un settore rispetto a quello adiacente) perpendicolari ai fronti stessi. Si veda il Database delle Sorgenti Sismogenetiche Italiane (DISS) per dettagli sulle faglie attive nella regione.
Nello schema mostrato in figura, una sezione verticale che attraversa da ovest a est la costa adriatica all’altezza dell’area epicentrale, si vede la strutturazione sepolta sotto i sedimenti del Mare Adriatico (a destra nella figura) con i fronti sepolti caratterizzati da diverse faglie inverse (o thrust) che si approfondiscono da est a ovest.
Stiamo analizzando i dati sismologici registrati in queste ore per identificare il piano di faglia responsabile del terremoto della scorsa notte. Una squadra di ricercatori della sede di Ancona dell’INGV si è attivata immediatamente per installare una stazione sismica aggiuntiva a sud dell’epicentro, tra Recanati e Potenza Picena.
(A BREVE LA SECONDA PARTE DELL’ARTICOLO)
fonte: INGV Terremoti