Una regione, l’Abruzzo, dove non solo esiste un rischio sismico ma anche idrogeologico. Nonostante ciò nella regione non esiste ancora il Servizio geologico e sismico, già attivo in altre realtà italiane. È questa una delle tematiche al centro del convegno che si è tenuto l’1 e il 2 marzo scorso a Teramo dal titolo “Il bacino idrografico: sottili equilibri di un sistema complesso”, organizzato dall’Ordine dei geologi dell’Abruzzo, dagli Ordini di architetti e ingegneri di Teramo e dalla Federazione degli ordini dei dottori agronomi della Regione.
“Nel solo Abruzzo – ha affermato Giorgio Di Bartolomeo, consigliere nazionale dei geologi – il ministero dell’Ambiente ha censito oltre 178 comuni per circa 600 chilometri quadrati di aree complessive a potenziale rischio idrogeologico più elevato”.
Secondo i geologi abruzzesi, la complessità dei fenomeni geologici e idraulici, insieme alla crescita delle attività antropiche, richiede un’attenzione sempre maggiore e capillare, ma anche l’istituzione di nuove strutture operative sul territorio che sappiano gestire e monitorare i fenomeni nonché coordinare gli interventi di pianificazione e risanamento, come appunto il Servizio geologico e sismico, ormai indispensabile. All’incontro è intervenuto anche il presidente dell’Ordine dei geologi dell’Abruzzo, Nicola Tullo, che ha dichiarato: “i dati sul dissesto idrogeologico riportati dal Piano per l’assetto idrogeologico dei bacini abruzzesi e del bacino interregionale del fiume Sangro, approvato nel 2008, sono eloquenti: 258 le località abitate instabili, l’85% dei comuni abruzzesi è a rischio frane, alluvioni ed erosioni. In termini percentuali oltre il 12% del territorio regionale è interessato da dissesti”.
“È necessario – ha proseguito Tullo – avviare una diversa politica di prevenzione e gestione del territorio, un nuovo modello di governance basato su una corretta e consapevole pianificazione e programmazione territoriale, seguendo un più moderno approccio interdisciplinare”.
(O.O. – da Geologi.info)