Vittorio Nuti, Il Sole 24 Ore – Secondo gli esperti, la sequenza sismica iniziata con il terremoto del 24 agosto tra Lazio e Marche, con epicentro Amatrice e localizzata nell’Italia centrale, è ancora in pieno svolgimento. Da fine agosto, secondo l’Istituto nazionale di vulcanologia, lungo la catena appenninica tra Lazio e Umbria sono stati localizzati oltre 18mila eventi sismici: 290 quelli di magnitudo tra 3 e 4, 18 di magnitudo compresa tra 4 e 5 e 4 quelli di magnitudo maggiore di 5. Come noto, ieri, 26 ottobre, altre forti scosse, di magnitudo superiore a 5, si sono verificate nelle Marche tra Visso e Pieve Torina, nel Maceratese, area adiacente a quella attiva negli ultimi due mesi. Su queste basi, come interpretare le ultime scosse, e soprattutto cosa attendersi, nelle prossime ore e settimane?
Escluse nuove faglie, ma effetti del volume crostale perturbato
Come osserva il sismologo Massimo Cocco (Ingv) il terremoto registrato nelle Marche è avvenuto sul margine settentrionale dell’area attivata nell’area di Amatrice. Per questo – osserva – «è fuorviante parlare di nuova faglia: anche se sicuramente il nuovo terremoto non è avvenuto sulla stessa faglia attivata il 24 agosto, la maggior parte delle scosse registrate da allora è avvenute su un sistema di faglie lungo circa 30 chilometri lungo la dorsale dell’Appennino, nella direzione che va da Nord-Est a Sud-Ovest, e che si estende per 20 chilometri fra il Tirreno e l’Adriatico». Dunque scosse non episodiche, ma collegate e “provocate” dal sisma di Amatrice. «In questa zona – sottolinea ancora Cocco – è presente un enorme volume di faglie che hanno rilasciato repliche». Le ultime forti scosse nelle Marche hanno «perturbato ulteriormente il volume crostale e nelle prossime ore sono possibili altre scosse perché quelle del sisma di oggi potrebbero sommarsi a quelle del proseguimento della perturbazione del 24 agosto».
Sisma Marche “after shock” di quello di Amatrice
Le scosse in provincia di Macerata, conferma Alberto Michelini, anche lui dell’Ingv, possono essere definite «un “after shock” del 24 agosto scorso, una replica grande, che si colloca al margine Nord della zona sismica di questa estate. Il meccanismo è lo stesso». L’Ingv conferma anche il movimento di tipo estensionale che ha riguardato la zona a Nord di Norcia, tipico dei terremoti dell’Appennino, caratterizzato dallo “stiramento” dell’Appennino da Est a Ovest. Impossibile però ogni ipotesi di previsione delle scosse sismiche, come circolato nei giorni scorsi in occasione della scossa di magnitudo 3.9 registrata lunedì in provincia di Firenze. «Noi non possiamo mai escludere una replica piu’ forte delle altre. L’importante è essere preparati», conclude Michelini, ponendo l’accento sul ruolo della prevenzione.
“Effetto domino” tra faglie vicine
Esclusa la presenza di una nuova faglia, gli elementi a disposizione convergono sull’ipotesi di attivazione a catena di faglie attigue scatenata dal sisma di fine agosto, secondo quello che gli esperti chiamano “Effetto domino”. Ogni terremoto di una certa forza generato da una faglia in movimento può infatti produrre una sorta di ”Effetto domino” che scarica l’energia accumulata dal movimento della crosta terreste su quelle più vicine. Nel nostro caso dalla faglia del Reatino al circostante sistema di faglie dell’Italia centrale, estremamente complessa. La probabilità che una sequenza sismica possa finire per attivare faglie vicine è nota, ma i sismologi insistono sul fatto che ad oggi è impossibile prevedere su quando e dove possa avvenire una nuova rottura. Certamente alcune zone, come quelle dell’Appennino centro-meridionale, hanno una maggiore probabilità che avvengano i terremoti rispetto ad altre aree. Oltre che dal luogo, la probabilità dipende anche dal tempo: dopo un forte terremoto, la perturbazione indotta sulle altre faglie aumenta la probabilità che avvengano altri forti terremoti. Si tratta, dicono i sismologi, di probabilità solitamente inferiori al 10 per cento.
fonte: Il Sole 24 Ore