SPECIALE DELL’INGV A 5 ANNI DAL TERREMOTO DELL’AQUILA

[INGV Terremoti] – Sono passati cinque anni dal terremoto del 6 aprile 2009. Come sempre, il nostro pensiero va anzitutto a coloro che con il terremoto hanno perso i loro cari e le loro case. Come ricercatori, abbiamo continuato gli studi della regione aquilana e delle aree limitrofe, con l’obiettivo di comprendere sempre meglio i meccanismi alla base dei terremoti e definire la pericolosità dell’area. I nostri studi, anche quelli che non sembrano avere ricadute immediate sulla riduzione del rischio sismico, contribuiscono a costruire, passo dopo passo, una maggiore conoscenza della Terra e dei processi deformativi che portano ai terremoti e ad aumentare la consapevolezza del fenomeno terremoto. In quest’ottica il 21 giugno 2013 è stata inaugurata la nuova sede INGV a L’Aquila e sono stati presentati i primi risultati del Progetto FIRB Abruzzo, frutto di un Accordo di Programma tra il Miur, la Regione Abruzzo e l’INGV.

In questo contributo riassumiamo alcune delle ricerche in corso, concentrandoci sugli aspetti della sismicità di questi anni, dell’identificazione, in superficie e in profondità, delle faglie attive e della risposta della geologia locale allo scuotimento sismico.

Analisi della sismicità

Nella figura sotto mostriamo la distribuzione spazio-temporale della sismicità nell’area aquilana dal 1 gennaio 2008 al 31 marzo 2014 (eventi di magnitudo ML maggiore o uguale a 2.0).

La sismicità nell'area aquilana dal 1 gennaio   2008 al 31 marzo 2014 (eventi di magnitudo ML maggiore o uguale a 2.0).  Questa animazione avanza mese per mese e mostra contemporaneamente tre mesi di sismicità e avanzano mese x mese.  La prima è più veloce (30 sec) la seconda è più lenta (1 m).

Tra gennaio e dicembre 2009 le nostre reti sismiche hanno registrato alcune decine di migliaia di terremoti nell’aquilano e grazie al catalogo di localizzazioni ad alta precisione è stata ricostruita con estremo dettaglio la geometria del sistema di faglie che si è attivato durante la sequenza sismica.

Tale catalogo, composto da più di 64 mila eventi sismici registrati nel 2009 da circa 70 stazioni sismiche è il più completo mai ottenuto per un terremoto di magnitudo moderata (i.e., M6) su faglie normali. Il catalogo è stato infatti ottenuto utilizzando procedure innovative di analisi automatica delle forme d’onda registrate per l’individuazione dei tempi di arrivo delle onde P ed S e per la localizzazione automatica ad alta precisione, con errori di localizzazione degli eventi estremamente piccoli, inferiori ai 50-100 m.

La mappa e le 20 sezioni verticali mostrano la distribuzione degli eventi sismici avvenuti nella zona aquilana prima dell'evento del 6 Aprile (foreshocks; pallini rossi in mappa) e dopo l'evento del 6 Aprile (aftershocks; pallini neri in mappa). Le stelle con diversi colori indicano gli eventi più forti della sequenza per i quali sono stati riportati anche i meccanismi focali. Inoltre, in mappa riportiamo le tracce delle porzioni della faglia che hanno prodotto rotture in superficie osservabili sul terreno (linee gialle), e le tracce delle 20 sezioni riportate nello slideshow (linee nere). Nelle 20 sezioni i simboli utilizzati sono uguali a quelli utilizzati nella mappa.

La mappa e le 20 sezioni verticali mostrano la distribuzione degli eventi sismici avvenuti nella zona aquilana prima dell’evento del 6 Aprile (foreshocks; pallini rossi) e dopo l’evento del 6 Aprile (aftershocks; pallini neri). Le stelle con diversi colori indicano gli eventi più forti della sequenza per i quali sono stati riportati anche i meccanismi focali. Inoltre, sono riportate le tracce delle porzioni di faglia che hanno prodotto rotture in superficie osservabili sul terreno (linee gialle). Le 20 sezioni lungo le linee nere numerate sono riportate di seguito, Valoroso et al., 2013.

Secondo questo studio, il sistema di faglie attivato è composto da due segmenti di faglia principali immergenti verso sudovest: la faglia dell’Aquila (o Paganica) a sud e la faglia di Campotosto a nord. Inoltre, nella fase finale della sequenza sismica si è attivato un cluster di sismicità, cioè una concentrazione di terremoti di bassa magnitudo nel settore nord del sistema di faglie, vicino a Cittareale. La lunghezza complessiva del sistema di faglie attivato, che si estende in direzione nordovest-sudest lungo gli Appennini, è di circa 50 km.

Le 4 sezioni verticali che seguono (1-4, in rosso nella mappa sopra) mostrano la distribuzione degli eventi sismici avvenuti nella zona aquilana lungo la porzione meridionale della faglia dell’Aquila.

La faglia dell’Aquila, attivata dalla scossa principale del 6 Aprile, ha una lunghezza di circa 16 km e mostra una geometria di tipo planare dalla superficie fino a circa 10 km di profondità. Le 8 sezioni verticali che seguono (7-12, in azzurro nella mappa sopra) mostrano la distribuzione degli eventi sismici avvenuti lungo la faglia dell’Aquila.

Proseguendo verso nord, la faglia di Campotosto, attivata da 3 terremoti di magnitudo Mw≥5, mostra invece una geometria listrica, cioè ha una progressiva variazione dell’angolo di inclinazione del piano di faglia con la profondità.  Le 7 sezioni verticali che seguono (13-19, in verde nella mappa sopra) mostrano la distribuzione degli eventi sismici avvenuti lungo la faglia di Campotosto.

Infine, la sezione verticale 20 mostra il cluster di terremoti di bassa magnitudo che si è stato attivato, nella fase finale della sequenza sismica, nel settore nord del sistema di faglie, vicino a Cittareale (vedi in mappa).

Sezione_20

L’accuratezza del catalogo di sismicità ha inoltre permesso di ricostruire la geometria di segmenti di faglia minori delle dimensioni di centinaia e decine di metri. Alcuni esempi sono: strutture sintetiche ed antitetiche (cioè che mostrano la stessa inclinazione o inclinazione opposta rispetto al piano di faglia) delle dimensioni di centinaia di metri (sezioni 6, 7, 8 e 10); fault splays, strutture in cui la faglia principale si ramifica in segmenti minori a causa del minore carico litostatico a bassa profondità (sezione 10).


 

Rilievi LiDAR e uso del territorio

A partire dal terremoto del 6 aprile 2009 è stata realizzata una enorme quantità di studi volti a conoscere meglio il territorio abruzzese e i terremoti che lo hanno colpito in passato e che lo potrebbero colpire in futuro, anche grazie al Progetto FIRB Abruzzo. Tra le tante attività ricordiamo le indagini geofisiche per ricostruire la geometria sepolta del bacino del medio Aterno, trivellazioni per la ricostruzione dettagliata dei depositi recenti che riempiono il bacino, indagini tettoniche e geomorfologiche per la definizione delle faglie attive in superficie ed il loro legame con la faglia principale responsabile del terremoto del 6 aprile, indagini paleosismologiche e archeosismologiche per identificare gli eventi sismici che hanno preceduto il terremoto del 6 aprile.

Per la definizione delle faglie attive, oltre agli studi tradizionali che consistono nell’analisi di foto aeree, immagini da satellite e rilievi geologici sul terreno, nell’area colpita dal terremoto del 6 aprile è stato usato, per la prima volta in Italia, un modello digitale del terreno (topografia) ad altissima risoluzione ottenuto da LiDAR aereo, risultato di rilievi tra il 2009 e il 2013. Il primo prodotto che è stato preparato con questi dati è una mappa molto accurata delle tracce delle faglie attive che bordano il fianco NE della valle del medio Aterno e formano un sistema deformativo complesso che è l’espressione in superficie della faglia sismogenetica responsabile del terremoto del 6 aprile. Questa faglia si estende per una lunghezza di quasi 20 km al di sotto del bacino fino a profondità di una decina di km.

Il terremoto del 2009 ci ha insegnato che queste faglie attive, pur non essendo individualmente sismogenetiche, possono produrre effetti di danneggiamento aggiuntivi a quelli prodotti dal passaggio delle onde sismiche (vedi foto sopra). Infatti anche pochi centimetri di rimobilizzazione del piano di faglia in superficie possono produrre localmente danni strutturali. Proprio per questo la conoscenza delle tracce delle faglie attive, anche se minori, ha un impatto importante per la pianificazione dell’uso del territorio, attività di prevenzione e ripristino (vedi mappa sotto).

La mappatura di dettaglio delle faglie attive ottenuta dall’analisi dei dati LiDAR ha permesso di ricostruire la distribuzione complessa e su un’ampia zona delle tracce delle faglie attive che potrebbero rimobilizzarsi in occasione di un terremoto futuro e potrebbero causare danni secondari alle strutture che attaversano. In questa mappa le faglie sono rappresentate con delle righe rosse, le infrastrutture, lifelines, strade, ferrovia, zone abitative ecc. sono rappresentate con varia simbologia. I pallini gialli indicano le zone di incrocio tra questi ultimi elementi e le faglie e che potrebbero rappresentare delle criticità nell’uso del territorio (cortesia di Riccardo Civico).


 

Effetti di sito

Gli effetti di danneggiamento prodotti da un terremoto sulle costruzioni dipendono non soltanto dalla grandezza (magnitudo) dell’evento e dalla sua distanza ma, in modo anche molto sensibile, dalle caratteristiche degli strati più superficiali del terreno. In particolare se gli edifici sono costruiti in zone caratterizzate da coperture di terreni sedimentari di natura non rocciosa si possono osservare fenomeni di amplificazione del moto del suolo in grado di provocare un aumento del livello di danneggiamento. Gli effetti di amplificazione possono quindi presentare una notevole variabilità spaziale che sarà tanto più elevata quanto maggiore sarà la variabilità delle caratteristiche dei terreni.

Da un punto di vista fisico accade che l’energia trasportata dalle onde sismiche resti intrappolata negli strati più soffici e superficiali di terreno. Tale effetto è più evidente in presenza di geometrie vallive (valli fluviali) o di bacini sedimentari (antichi bacini lacustri). Lo studio delle caratteristiche fisiche e geometriche dei terreni superficiali deve essere affrontato in modo interdisciplinare con l’ausilio di indagini geologiche, geofisiche e geotecniche che mirino a riprodurre modelli semplificati, per quanto realistici, contenenti gli elementi chiave per comprendere gli effetti di amplificazione sismica.

In seguito al terremoto del 6 Aprile molto è stato fatto per caratterizzare la risposta sismica dei terreni presenti nel centro storico aquilano che è costruito su un antico bacino lacustre. E’ stato possibile costruire delle sezioni geologiche che descrivono le caratteristiche fisiche dei terreni di riempimento e la loro geometria. Partendo da questi modelli è possibile studiare la propagazione delle onde sismiche nel centro storico aquilano e modellarne gli effetti di amplificazione.

Tale approccio è di notevole importanza ai fini del recupero del patrimonio edilizio e degli edifici monumentali di pregio quali ad esempio la Basilica di Collemaggio. Soltanto tramite una modellazione numerica è infatti possibile stimare quale sia stato il livello di scuotimento sopportato dagli edifici del centro storico, vista la scarsezza di misure dirette.

sezione_geologica

Per illustrare le potenzialità dell’approccio utilizzato mostriamo una sezione geologica che attraversa il centro storico aquilano lungo una direzione circa nord-sud. Il sottosuolo dell’area è composto da grandi spessori di sedimenti lacustri (colore giallo nella sezione) che raggiungono profondità di circa 300 metri. Sovrapposto a questi terreni si incontra uno spessore di alcune decine di metri di terreni ghiaiosi più competenti (colore azzurro nella sezione). Localmente, in modo più chiaro nella parte sud del centro storico si incontrano spessori limitati di terreni di caratteristiche molto scadenti chiamati “limi rossi” (colore rosa nella sezione). La presenza di tali terreni dà luogo a fenomeni di intrappolamento dell’energia sismica e alla generazione di onde che viaggiano sulla superficie rimbalzando da una parte all’altra del bacino e anche all’interno della formazione dei “limi rossi”. Tale effetto è ben visibile dall’analisi dei sismogrammi simulati (sismogrammi sintetici). La modellazione mostra un aumento della durata e forme più complesse passando dai terreni rocciosi (colore verde nella sezione) a quelli meno competenti.


 

Propagazione sulla superficie terrestre delle onde sismiche generate dal terremoto del 6 aprile 2009.

Questo video mostra la simulazione della propagazione delle onde sismiche generate dal terremoto del 6 aprile 2009 sulla superficie terrestre. L’analisi della differenze tra i sismogrammi prodotti da queste simulazioni e quelli misurati nella realtà offrono informazioni cruciali non solo per la determinazione della sorgente sismica e delle caratteristiche del sottosuolo, ma anche per la previsione dello scuotimento del suolo prodotto da ipotetici eventi sismici.

Le onde di colore blu indicano che il suolo si sta muovendo velocemente verso il basso, quelle di colore rosso-giallo indicano che il suolo si sta muovendo verso l’alto. Ogni secondo dell’animazione rappresenta un secondo in tempo reale. La velocità e l’ampiezza delle onde sismiche dipendono dalle caratteristiche della sorgente sismica, dal tipo di suolo che attraversano e anche dalla topografia. Esse, quindi, non si propagano in maniera uniforme nello spazio e luoghi posti alla stessa distanza dall’epicentro risentono del terremoto in maniera completamente diversa.

L’animazione è generata attraverso questa procedura:

1) Cirella et al. 2009 hanno delineato la storia della frattura del terremoto dell’Aquila attraverso lo studio delle onde sismiche registrate dagli accelerometri e dalle stazioni GPS.

2) E’ stato costruito un modello tridimensionale della regione interessata che include le principali caratteristiche geologiche attraverso una tomografia di dettaglio (Chiarabba et al. 2010), mappa della Moho, la presenza di suoli soffici (come i sedimenti alluvionali delle valli dell’Appennino Centrale, tra cui la valle dell’Aterno e la piana del Fucino).

3) Utilizzando il modello 3D e la sorgente sismica, è stata simulata la propagazione delle onde sismiche tenendo conto della risposta sismica locale come l’amplificazione delle onde nei bacini alluvionali (terreni soffici) e l’aumento di velocità delle onde in terreni rocciosi. Le equazioni sono risolte attraverso il software SPECFEM3D (Peter et al. 2011), al cui sviluppo collaborano ricercatori INGV.

4) I sismogrammi e l’evoluzione dei valori della velocità del suolo sulla superficie terrestre sono visualizzati attraverso Paraview (www.paraview.org).

Questo tipo di simulazioni è possibile solo da quando sono disponibili supercomputer che permettono di eseguire calcoli in parallelo. Per questa simulazione (relativamente piccola) sono stati utilizzati 256 processori, per un totale di 10.000 minuti di tempo di calcolo e 512 GB di memoria.


Anche grazie al Progetto FIRB Abruzzo, l’INGV continuerà molti di questi studi e continuerà a promuovere attività educative di prevenzione del rischio sismico per la popolazione delle zone più pericolose.

Sede dell'INGV a L'Aquila (foto: http://www.laquilablog.it/)

Inoltre, la sede INGV dell’Aquila che si è proposta, sin dalla sua apertura, come una concreta realtà sul territorio per la ricerca scientifica e l’approfondimento culturale di rilievo nazionale e internazionale, continuerà a rappresentare un riferimento importante di informazione per le autorità e la cittadinanza con iniziative come quelle dello scorso anno come Scienza al Centro, una serie di incontri scientifico-divulgativi rivolti a tutti.

La comunità scientifica italiana porterà avanti ancora studi e ricerche che contribuiranno a comprendere sempre meglio i meccanismi alla base dei terremoti e a definire la pericolosità del territorio italiano, ma sopratutto cercherà di spronare, con i propri risultati e il proprio impegno, la società a sviluppare una cultura della prevenzione sempre più efficace.

Con il contributo di Luisa Valoroso, Paola Bordoni, Giuliano Milana, Emanuele Casarotti, Federica Magnoni, Daniela Pantosti e Riccardo Civico, INGV.


 

Bibliografia

Valoroso, L., L. Chiaraluce, D. Piccinini, R. Di Stefano, D. Schaff, and F. Waldhauser (2013), Radiography of a normal fault system by 64,000 high-precision earthquake locations: The 2009 L’Aquila (central Italy) case study, J. Geophys. Res., 118, doi:10.1029/2012JB009927.

Chiaraluce L., L. Valoroso, D. Piccinini, R. Di Stefano, and P. De Gori (2011), The anatomy of the 2009 L’Aquila normal fault system (central Italy) imaged by high resolution foreshock and aftershock locations, J. Geophys. Res., 116, B12311, doi:10.1029/2011JB008352.

Bordoni P., F. Del Monaco, G. Milana, M. Tallini, J. Haines. The Seismic response at high Frequency in Central L’Aquila: A Comparison between Spectral Ratios of 2D Modeling and Observations of the 2009 Aftershocks, Bulletin of the Seismological Society of America, Vol. 104, No. 3, doi: 10.1785/0120130230.

Magnoni et al. 2014, Spectral‐Element Simulations of Seismic Waves generated by the 2009 L’Aquila earthquake, Bulletin of the Seismological Society of America, Vol. 104, No. 1, February 2014, doi: 10.1785/0120130106.

Civico R., D. Pantosti, S. Pucci, P. M. De Martini (2014), The contribution of airborne LiDAR data to the assessment of surface faulting hazard for lifelines crossing active faults: an example from the Central Apennines, Italy. Accepted for publication in the Proceedings of the XII IAEG Congress, Torino 2014.

scosse_aq_2009