La sequenza sismica che sta interessando la provincia di Perugia da molti mesi ha avuto negli ultimi giorni una ripresa, con alcuni terremoti di magnitudo superiore a 3 avvertiti dalla popolazione. L’attività, che aveva prima interessato il settore tra Gubbio e Pietralunga, si è concentrata ora in una zona diversa. I terremoti di questi giorni sono infatti localizzati più a nordovest dei precedenti, tra Umbria e Marche, circa a metà strada tra Città di Castello (PG) e Apecchio (PU). Questa sismicità si colloca immediatamente a nordovest del settore colpito da un altro picco di attività nell’aprile del 2010, quando in circa venti giorni la rete sismica localizzò molte centinaia di terremoti con una scossa principale di magnitudo 3.8. |
Epicentri dei numerosissimi terremoti localizzati dalla Rete Sismica Nazionale tra il 2010 e oggi. La sismicità più recente (cerchi rossi) sembra proseguire la faglia individuata per la sequenza del 2010 (cerchi gialli)
La zona dell’Appennino umbro-marchigiano è interessata da numerose faglie, che sono state individuate tramite studi di geologia di superficie e del sottosuolo: rilievi di terreno, linee sismiche effettuate per esplorazioni di idrocarburi e alcune perforazioni profonde. La carta sotto mostra le evidenze in superficie del complesso sistema di faglie che attraversa la regione. Il modello più accettato per spiegare la deformazione e i terremoti della regione umbro-marchigiana prevede una faglia principale chiamata Faglia Alto-Tiberina (ATF), che affiora nel settore sudoccidentale della carta e si immerge lentamente al di sotto della catena appenninica, verso nordest. Al di sopra dell’ATF sono presenti numerose altre faglie “sintetiche” e “antitetiche” (ossia immergenti verso lo stesso lato o verso il lato opposto), maggiormente inclinate e su cui si ipotizza avvenga la maggior parte dei terremoti. |
Carta geologica dell’area, con indicate le faglie riconosciute dai geologi in superficie. Da: Mirabella, Brozzetti, Lupattelli, Barchi (2011), Tectonic evolution of a low‐angle extensional fault system from restored cross‐sections in the Northern Apennines (Italy), Tectonics, 30, TC6002, doi:10.1029/2011TC002890
Nella carta sopra si notano numerosi segmenti di faglia, molti dei quali sono probabilmente attivi. Per capire meglio quali siano quelli attivi oggi e quali le loro geometrie in profondità, uno dei dati più interessanti è la microsismicità, che in quest’area viene rilevata grazie a una rete molto densa di sismometri. Nel caso della sequenza del 2010, uno studio molto dettagliato della microsismicità aveva permesso di individuare la faglia responsabile della sequenza: si tratta di una faglia lunga circa 5 km e profonda 2 (tra 4 e 6 km di profondità), che si era attivata progressivamente tra il 10 e il 30 aprile del 2010 (Fig. sotto, da Marzorati, S., et al., Very detailed seismic pattern and migration inferred from the April 2010 Pietralunga (northern Italian Apennines) micro-earthquake sequence, Tectonophysics (2013), http://dx.doi.org/10.1016/j.tecto.2013.10.014). In questo studio erano stati localizzati anche terremoti con magnitudo molto piccola (addirittura minore di 0!): tra -0.7 e 3.8.
Mappa (sin.) e sezione in profondità (dx) della sismicità dell’aprile 2010. La Faglia Alto Tiberina (ATF) è visibile in mappa, dove affiora in superficie, e in sezione (linea pendente debolmente a sinistra). Nelle sezioni a sinistra, una generale sotto e una zoomata sopra, si vede la Faglia Alto Tiberina (ATF) e sopra la faglia del 2010,ben individuata dai terremoti dell’aprile 201o rilocalizzati da Marzorati et al., (Tectonophysics 2013).
Nello studio citato, Marzorati et al. avevano anche individuato un’interessante fenomeno di “migrazione” della sismicità in quei giorni di aprile 2010. La velocità di migrazione, stimata in 400 metri/giorno in media, era compatibile con un sistema di fratture, orientate parallelamente alla catena, che interesserebbe le rocce presenti in profondità in quel settore dell’Appennino. Queste fratture sarebbero riempite di fluidi, che si sposterebbero lentamente nella crosta, interessando gradualmente settori diversi della stessa faglia.
Non è ancora chiaro se la sismicità di questi ultimi giorni vada ricondotta alla stessa faglia del 2010 o a una adiacente. Se fosse la stessa, resterebbero da capire i meccanismi che governano la migrazione dei fluidi e l’attivazione di settori diversi di una stessa faglia a distanza di giorni (come accadde ad aprile 2010) o di anni (come per la sismicità più recente). La causa probabilmente va ricercata nel tipo di rocce interessate, nel livello di deformazione raggiunto all’interno del ciclo sismico, e nel loro grado di fratturazione e saturazione in fluidi. Per questo motivo, oltre allo studio della microsimicità naturale, cerchiamo di studiare questi processi con esperimenti in laboratorio.
fonte: INGV Terremoti