Sono state ricostruite in laboratorio le condizioni che generano i terremoti ‘profondi’, quelli che avvengono a oltre 400 chilometri di profondità, rendendo chiaro il ruolo di ‘innesco’ svolto da un minerale molto comune, l’olivina.
Lo studio è il frutto di una collaborazione tra vari centri di ricerca coordinata dall’Università della California a Riverside e pubblicato sulla rivista Science.
I terremoti profondi sono eventi che avvengono a grandi profondità, all’interno del mantello (lo ‘strato’ tra crosta e nucleo), e proprio per questa ragione i loro effetti in superficie sono generalmente deboli.
Mentre le cause che scatenano i terremoti superficiali sono note e consistono nell’energia liberata dalle spinte di attrito tra ‘pezzi’ della crosta, quelle dei terremoti profondi lo sono molto meno.
Nel tentativo di verificare l’ipotesi che quest’ultimo tipo di sismi siano provocati dalla ‘trasformazione’, a causa delle enormi pressioni, dell’olivina, i ricercatori hanno ricreato in laboratorio le condizioni esistenti a quelle profondità. ‘Illuminando’ i campioni con un fascio di raggi X ad altissima velocità generati dai laboratori di Argonne, negli Usa, i ricercatori hanno potuto osservare ‘in diretta’ le trasformazioni chimiche che avvengono a quelle profondità. A scatenare questo tipo di terremoti sarebbe una trasformazione estremamente rapida che si può verificare nella struttura della olivina, che da una ‘forma’ stabile passa ad una ‘forma’ meno stabile. (ANSA) |