Molti aquilani giovedì 18 febbraio hanno atteso con trepidazione la puntata di Annozero su RaiDue, avvisati per tempo della diretta prevista dal centro dell’Aquila. Attendevano di ascoltare una voce differente dal coro, dopo tanti mesi di scenette televisive. Hanno creduto, sperato che una trasmissione come Annozero fornisse una visione della realta’ più veritiera, basata sui fatti, che indagasse sulle relazioni fra gli scandali in corso relativi ai vertici della Protezione Civile ed i progetti realizzati a L’Aquila, senza controllo e trasparenza. Ed invece, abbiamo assistito ad una puntata dove escort, mignotte e zoccole (parole usate in trasmissione) hanno avuto di gran lunga più importanza delle vittime, dello stato degli sfollati e della ricostruzione (quella vera), delle indagini su appalti e subappalti. Un’inutile diretta dal centro storico, che sa ancora una volta di sfruttamemento mediatico del terremoto, gia’ subito pesantemente nei mesi scorsi. Riportiamo la testimonianza di un lettore, che si rivolge così a Santoro.
Egr. Dott. Santoro,
chi Le scrive e’ un ricercatore precario dell’Universita’ dell’Aquila.
Ho valutato a lungo se scriverLe o se, piuttosto, non fosse più giusto turarsi il naso e voltarsi dall’altra parte, continuando a fare finta di nulla.
Ho deciso che mi avrebbe fatto sentire meglio provare a scrivere queste righe nel momento in cui ho visto anche questa mattina, come ogni mattina che scivola addosso a noi aquilani dopo quel maledetto 6 aprile, cosa c’era dall’altra parte. Una citta’ colpita al cuore che sta morendo.
Ieri sera, come migliaia di altri cittadini aquilani, ero incollato alla televisione per seguire la Sua trasmissione, che sapevo essere dedicata a L’Aquila.
Durante la puntata, si e’ passata ai raggi X l’avventura del Dott. Bertolaso nei meandri del Salaria Village, incorniciando la cronaca dei lussuriosi massaggi cervicali con pittoriche ricostruzioni dei dialoghi telefonici di alcuni imprenditori e funzionari pubblici, emersi da intercettazioni dei Carabinieri.
Nel frattempo, interrotti spesso e volentieri da maleducati e presuntuosi ospiti in sala, due persone fin troppo pazienti, in collegamento da una distrutta Piazza S. Pietro nel cuore della citta’ che ho avuto la fortuna di conoscere prima del 6 aprile, provavano a spostare l’attenzione degli ascoltatori su temi quantomeno altrettanto scottanti. Ad esempio, il mancato decollo della ricostruzione leggera, le decine di migliaia di sfollati ancora sulla costa e negli alberghi delle montagne abruzzesi e le tragiche morti di quella notte che probabilmente non avranno mai risposta viste le provvidenziali riforme della giustizia concepite dai nostri solerti governanti.
Evidentemente, però, la necessita’ di innalzare l’audience della puntata e’ stata più impellente del moto che ogni giornalista dovrebbe sentire come suo dovere primario, raccontare fatti. E i fatti su L’Aquila sono lontani anni luce da quello che e’ stato il tema principe della Sua trasmissione di ieri. O, quantomeno, dovevano fare solo da corollario alla terribile realta’ di un capoluogo di regione che si dissangua di forze e lavoro, di una citta’ in cui la speranza di rivedere un centro storico popolato per i prossimi dieci anni e’ prossima allo zero, di una citta’ usata impunemente per mesi come passerella da esposizione mediatica per politici senza il minimo ritegno.
Molti dei miei concittadini avevano riposto in Lei una speranza, quella di vedere finalmente portati sotto un riflettore di portata nazionale i loro problemi, che sono inascoltati da mesi perché ormai cronicamente soffocati da un sistema dell’informazione per lo più asservito al potere di turno.
E’ di tutta evidenza, però, che quel potere non ha mani abbastanza lunghe da arrivare anche nella Sua redazione, ed e’ per questo che molti di noi erano in febbrile attesa di vedere come e con quanta efficacia Lei avrebbe reso giustizia alla nostra citta’, se non altro dandole la possibilita’ di raccontare una verita’ ben diversa da quella che viene veicolata in modo subdolo e ipocrita nelle case di ogni italiano.
Purtroppo, tutti noi abbiamo dovuto ricrederci e verificare ancora una volta e nel modo più doloroso possibile quanto sia più redditizio cavalcare un’onda piuttosto che onorare una professione come quella del giornalista, nell’interesse di decine di migliaia di persone colpite da un lutto e da una disgrazia inimmaginabile.
Caro Dott. Santoro, L’Aquila merita di tornare a essere la bellissima citta’ che era e ora più che mai ha bisogno che la sua voce arrivi a tutti.
La saluto cordialmente e Le auguro di ritrovare presto l’importanza di distinguersi.
Stefano Falone
Ricercatore precario