In un articolo di settembre ci siamo occupati della faglia attiva di Camposto e del rischio relativo alla diga dell’Enel di Rio Fucino (“Le Faglie Attive di Campotosto e Pettino – disastri annunciati, come prevenirli ?”) Vediamo un aggiornamento sull’argomento, da un articolo di www.lacittaquotidiano.it
Dopo il sisma del 6 aprile, la Commissione Grandi Rischi ha chiesto ulteriori verifiche al Centro Europeo di ingegneria sismica. I risultati, appena pubblicati su una rivista di settore, non sono esattamente tranquillizzanti: servono altri studi, ma c’e’ una faglia attiva, se si dovesse muovere, la struttura potrebbe non reggere il peso dell’acqua.
Per stabilire al di la’ di ogni dubbio la sicurezza delle dighe di Campotosto in caso di terremoto
sono necessari nuovi studi. A dirlo e’ l’Eucentre, il Centro europeo di formazione e ricerca in ingegneria sismica.
A seguito del sisma del 6 aprile, l’istituto di Pavia ha studiato, per conto della Protezione Civile, il comportamento delle dighe del grande invaso aquilano. A destare preoccupazione soprattutto la faglia dei Monti della Laga, che corre nelle immediate vicinanze dello sbarramento di Rio Fucino, faglia ancora poco conosciuta nei suoi dettagli e la cui attivazione disegna scenari inquietanti.
Nel peggiore, anche il cedimento della struttura.
A mettere sull’attenti riguardo i rischi delle dighe di Campotosto fu a pochi giorni dal sisma di aprile il sismologo Franco Barberi, all’uscita di una seduta della Commissione Grandi Rischi convocata proprio per discutere la questione.
“Oggi costruire sulle faglie e’ vietato dalla legge, figurarsi costruirvi sopra una diga”, disse il presidente vicario della Commissione. Il gruppo decise di affidare all’Eucentre, istituto all’avanguardia in Europa per le analisi sismiche, lo studio di quanto avvenuto e i possibili scenari in caso di attivazione della faglia dei Monti della Laga. A sette mesi dal sisma, i risultati degli studi sono stati pubblicati nell’ultimo numero della rivista Progettazione Sismica.
Gli studiosi confermano anzitutto quanto gia’ affermato dalla Protezione Civile. A seguito del sei aprile, la tenuta delle dighe e’ stata “soddisfacente”, in quanto nessuna delle opere “ha subito danneggiamenti a causa dello scuotimento”. Diverso, molto diverso, il discorso per quanto riguarda un possibile terremoto con epicentro sulla faglia di Campotosto. In quel caso la diga non dovrebbe più reggere solo uno scuotimento, ma un vero e proprio spostamento del terreno sottostante.
“Nel più improbabile dei casi – scrivono gli scienziati – la dislocazione tettonica generata dalla faglia potrebbe intercettare in superficie il corpo della diga di Rio Fucino”. Spiega alla Citta’ Alberto Pizzi, geologo dell’Universita’ di Chieti, che di recente ha redatto una carta sismica della zona: “La faglia dei Monti della Laga [detta anche di Campotosto, ndr] e’ lunga circa 30 chilometri, e ha una profondita’ di circa 15.
Potenzialmente potrebbe produrre terremoti nell’ordine dei 6,7-7 gradi R i c h t e r .
Viene ritenuta sia attiva, nel senso che si e’ mossa negli ultimi 40 mila anni, sia capace, la cui rottura, cioe’, potrebbe arrivare sino in superficie. Non abbiamo notizia di terremoti in epoca storica, ma pensiamo sia silente da 2-3 mila anni”. La faglia, in base alle cartografie, passa nelle immediate vicinanze della diga. Questione di metri. Che cosa accadrebbe se la rottura dovesse sfioccare sotto Rio Fucino?
Gli stessi studiosi dell’Eucentre definiscono il problema come “molto complesso”. Per un terremoto compreso tra i 6 e i 7 gradi Richter, si legge, lo spostamento atteso in superficie sarebbe variabile tra i 40 e i 90 centimetri. In base ai modelli studiati dall’istituto pavese, e data la struttura dell’opera, si legge: “Le analisi… non possono escludere che una dislocazione pari a 90 centimetri produca danni anche gravi alla diga in calcestruzzo di Rio Fucino con possibili fuoriuscite d’acqua”. Nel peggiore degli scenari, insomma, la diga potrebbe non reggere.
Gli scienziati offrono anche una possibile soluzione per rafforzare la diga, ma sottolineano anche come siano necessari ulteriori studi geologici per capire meglio cosa rischia di muoversi sotto Campotosto.
Alessandro Consalvi